
La reunion di Harry Potter è la rimpatriata di un’intera generazione
“Mysterious thing, time”
(Albus Dumbledore)
Cosa misteriosa, il tempo, che ci riporta vent’anni dopo a casa, in quel mondo parallelo, il mondo della magia, che ha rappresentato e rappresenta per un’intera generazione uno dei primi passi in altri mondi, dei libri, dei film, dell’educazione sentimentale. Non ho potuto guardare Harry Potter 20th Anniversary: Return to Hogwarts con gli occhi del critico, dunque spero che mi scuserete, d’altronde Harry Potter e la Pietra Filosofale è il primo film con attori in carne e ossa che abbia visto in una sala cinematografica, o almeno è il primo che ricordi. E le due esperienze sono state simili, a modo loro, perché bastano pochissimi minuti e la reunion – ora su Now e Sky Cinema – diventa una propaggine integrata in quel mondo di incanti e maledizioni. Merito della produzione HBO, che lavora molto bene su alcuni crismi di Harry Potter per farci sentire subito a casa: la palette di colori tipicamente potteriana, il gusto british per i costumi di scena, un treno rosso, Emma Watson che parte per Hogwarts e si trasforma magicamente in Hermione Granger. E poi Daniel Radcliffe a Diagon Alley, immerso nelle note scritte da John Williams per celesta, quello strumento magico eppure reale che da vent’anni fa venire i brividi a chi è cresciuto nel mondo di J.K. Rowling.

The ones who love us never truly leave us
Return to Hogwarts è una reunion vera e propria, in cui non solo si riunisce gran parte del cast, ma in cui lo spettatore ritrova i suoi vecchi amici di scuola: sembra ieri e sono vent’anni. Una riflessione che spesso capita di fare nella vita di tutti i giorni, e che dimostra come la saga di Harry Potter sia racconto adatto a rimanere di cardinale importanza nei decenni a venire. La prova del tempo è superata anche grazie al cinema, che con Harry Potter ha visto l’ultima grande saga in grado di catalizzare l’attenzione dei giovanissimi e non solo, uscendo da quel periodo d’oro in cui altre due grandi narrazioni cinematografiche come Il Signore degli Anelli e i prequel di Star Wars hanno segnato l’esperienza di visione a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila.
In questo senso la reunion rappresenta lo show di un’intera generazione, di quei nati tra la metà degli anni Ottanta e gli anni Novanta che sono cresciuti un libro dopo l’altro, un film dopo l’altro, ritrovandosi coetanei o quasi dell’Harry letterario o cinematografico. Una generazione nata nostalgica che grazie a questa reunion può vivere quasi due ore in quel periodo che non tornerà più, ma che sempre rimane appena sotto alla superficie, pronto a riaffiorare nei ricordi, nei sogni di chi ha avuto la fortuna di avere l’età giusta al momento giusto. Perché questo show ci ricorda qualcosa che nel cinema di oggi è praticamente scomparso, la magia, quella del mondo reale che quando vuole può creare narrazioni che durino nel tempo, ci accompagnino nella lettura di una vita che contiene sì dolore e asperità, ma in cui gioia, amicizia e amore possono essere parte integrante della realtà tanto quanto l’oscurità.

Da un certo punto di vista questo ritorno a Hogwarts non è altro che un lungo contenuto speciale che alterna interviste a immagini da dietro le quinte, dialoghi tra membri del cast e piccole sequenze sospese tra sogno e realtà. Si ripercorrono i set e i sentieri del ricordo, intessendo una memoria collettiva che poco a poco ricostruisce i pezzi di un edificio creativo perfetto, popolato da persone che non si sono limitate a far uscire l’ennesimo blockbuster senza troppe pretese, ma che hanno pensato a tutto, vedendo nel cinema la possibilità di elevare una storia per ragazzi a racconto che duri nel tempo, per lasciare il segno nel firmamento cinematografico.
Uno degli aspetti commoventi di questo speciale è proprio questo, sentire da cast, registi e maestranze un amore per il cinema, per i dettagli, per un profilmico concreto e tangibile che sempre più vediamo scomparire, soffocato da green screen, blue screen, LED domes e computer grafica. Ritornare nello studio di Silente e in altri luoghi di Hogwarts è quindi un balsamo anche per i cinefili, non solo per i fan della saga letteraria.

After all this time?
A differenza di altre reunion, spesso parse posticce, in questa si respira aria familiare e tutto il cast concorre a costruire emozioni. Rivedere il magico trio Radcliffe-Watson-Grint insieme sullo schermo fa inevitabilmente pensare ancora oggi che quei tre fossero gli unici attori possibili per i ruoli che gli furono assegnati da Chris Columbus, colui che pose l’intera saga su binari solidissimi, frequentati dai migliori interpreti del cinema britannico. Per quanto poi larga la partecipazione del cast, ciò che colpisce di più sono le assenze: di J.K. Rowling innanzitutto, la creatrice diventata colei-che-non-deve-essere-nominata dopo le recenti polemiche legate alle sue esternazioni transfobiche: HBO risolve inserendo la sua presenza fantasmatica direttamente dal 2019, attraverso interviste girate per il Warner Bros. Studio Tour (per chi se lo fosse perso, HBO è di Warner). Se Rowling c’è e non c’è, senza suscitare particolari reazioni, il momento in memoriam fa riaffiorare tutti i lutti che hanno colpito negli anni la saga, contribuendo a costruire il climax finale, vera presa di coscienza del tempo che passa, massimo picco di commozione dell’intera reunion, che sicuramente ha il merito di non sbagliare i momenti più importanti, dal ricordo di Richard Harris (il primo Silente) a quello dell’amatissimo Alan Rickman.

Fatto il misfatto
Non esistono giratempo abbastanza potenti da riportarci indietro, non resta quindi che prendere coscienza di ciò che è stato e di ciò che oggi non è più. Un cinema che ha accantonato l’ambizione di essere qualcosa di più che un’effimera esperienza visiva, un’industria che spende tanto e vuole controllare molto degli aspetti creativi, registi sempre meno importanti, produttori sempre più sotto i riflettori, una tendenza che seguendo il filo dei soldi possiamo ricollegare a una generale globalizzazione dell’intrattenimento, alle prese coi grandi numeri, i dati, i grafici, le diverse audience. Travi nell’occhio che accecano e appesantiscono l’arte più di tutte legata a luce e movimento.
Tempi bui, ma un po’ di speranza per gli ultimi romantici c’è, perché quella generazione che si è formata insieme alle grandi saghe di inizio Duemila sta cominciando ad affacciarsi sul mondo dell’intrattenimento. Qualcosa può cambiare, ma bisogna attendere, nel frattempo vi lascio con qualche verso di un pezzo che ritengo perfettamente esemplificativo di una classe cresciuta a pane e Harry Potter, un’influenza trasversale che ha investito personalità tra le più varie.
“Abrada cadabra on a nigga (what)
Expecto patronum on a nigga (what)
If Malfoy gonna run up on me
Then I’ma put my wand to the nigga (ay)”
(Yung Mavu, Black Magic)
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