
Amarcort 2021 – La danza della morte e della rinascita
Si è aperta martedì la quattordicesima edizione di Amarcort Film Festival, la manifestazione riminese dedicata al mondo dei cortometraggi, concentrata nello specifico sui giovani registi e sulle produzioni indipendenti. Promosso da SMArt Academy e SMArt Lab e organizzato in collaborazione con il Comune di Rimini e la Cineteca di Rimini, quest’anno il festival vede come fil rouge l’influenza di Federico Fellini sui registi di tutto il mondo, tema che sarà al centro di numerosi incontri e workshop (compreso il nostro focus su Wes Anderson tenuto da Sandra Innamorato).
Il festival proseguirà fino al 28 Novembre tra la Cineteca di Rimini, il Cinema Tiberio, il Teatro degli Atti e il Laboratorio Aperto. Per partecipare alle proiezioni di Amarcort, è possibile richiedere un Pass gratuito o un Premium Pass con tanti benefici extra tramite l’indirizzo mail accrediti@amarcort.it. I cortometraggi finalisti del festival sono visibili anche online su WeShort, la piattaforma on-demand dedicata al cortometraggio.

La prima giornata del festival, svoltasi nella Cineteca di Rimini, ha visto prima una selezione di cortometraggi appartenenti alla sezione Miranda, dedicata al pubblico più giovane. Tra i titoli spiccano soprattutto Avantcard di Stella Raith, la bizzarra avventura tra diversi stili d’animazione del protagonista di una cartolina, e Solitaire di Edoardo Natoli, la tenera storia di un anziano bloccato all’ultimo piano di un palazzo di Montmartre.
La sera invece ha visto la proiezione del primo blocco di finalisti nel concorso principale denominato appunto Amarcort e incentrato sui cortometraggi italiani e stranieri appartenenti al genere fiction con una durata massima di 25 minuti. I sei titoli proiettati sembrano essere collegati tutti da un unico e oscuro filo tematico: la morte e i milioni di modi in cui l’uomo prova a fuggire da essa.
Pappo e Bucco di Antonio Losito, il cortometraggio di apertura, ne è la prova più lampante. Aldo (Massimo Dapporto) e Elia (Augusto Zucchi) sono due ex attori che da tempo si sono ritirati in una casa lontana dalla società, a causa della malattia del primo. Sapendo di essere incurabile, chiede all’amico di poter ricreare insieme uno dei loro giorni più belli prima di morire. Nella sua semplice messa in scena, Pappo e Bucco riesce a essere un racconto toccante sull’amore e sui suoi confini, sulla differenza tra egoismo e doveri nei confronti del prossimo, supportato da un cast d’eccezione.

In Particules Fines di Anne-Claire Jaulin, la ginecologa Delphine (Sara Giraudeau) è una madre single con una figlia piccola, Louise, che soffre di forti crisi respiratorie a causa dell’inquinamento. Dapprima la donna prova ad affidarsi a babysitter per concentrarsi sul suo lavoro, ma queste però sembrano sottovalutare la gravità della situazione. Quando sceglie di restare a casa per starle più vicina, il rapporto con Louise prende una piega drammatica. Particules Fines porta sullo schermo le paure di una madre, consapevole di non poter salvare sua figlia dal crudele mondo esterno, dove anche un’azione fondamentale per la sopravvivenza umana sembra essere destinata a portare dolore.
Chiusi alla Luce di Nicola Piovesan, il cui titolo proviene dalla poesia Per i morti della Resistenza di Giuseppe Ungaretti, prende invece come punto di partenza la storia italiana. Si parla nello specifico delle brigate nere e di un’esecuzione da loro compiuta nell’estate del 1944 ai danni di un gruppo di contadini innocenti. Piovesan sceglie di rappresentarla attraverso un silenzioso piano sequenza che immobilizza tutti i personaggi, tra carnefici e vittime, attimi prima e attimi dopo quell’esplosione di violenza. Come annunciato dai cartelloni iniziali, la sua intenzione è soprattutto quella di concentrarsi sui giovani e su come questi fossero chiamati a partecipare in prima linea alle Brigate Nere e a “osservare la morte ancora prima di diventare adulti”.

Pipo et l’amour aveugle di Hugo Le Gourrierec e Mini Moi di Jeanne Signé si avvicinano al tema con uno sguardo distopico. Nel primo, la società ha iniziato a controllare le emozioni delle persone attraverso delle piccole fialette installate sul collo. Quando Pipo (Anatole Zangs) si innamora di una donna incontrata per caso, si accorge subito che non prova più emozioni ma cerca comunque di conquistarla, ignaro delle conseguenze che questo potrebbe avere di lui. Se in Pipo et l’amour aveugle i sentimenti sono controllati dalla società, Mini Moi rappresenta un futuro in cui anche le persone sono diventate merce. Una coppia, conquistata da una pubblicità, decide di comprare un bambino, scegliendolo tra diversi profili come si potrebbe fare su applicazioni come Tinder. La decisione di vendere bambini, incentivata dal Ministero, dovrebbe combattere l’invecchiamento generale dalla popolazione, ma attraverso l’occhio della regista Jeanne Signé diventa l’opportunità per riflettere sulla natura usa-e-getta dell’umanità.
Lune di Zoé Pelchat, l’ultimo cortometraggio della prima serata, racconta invece di una persona che ha già visto la morte da vicino e che adesso ricerca solamente un’opportunità per rinascere. Sabrina “Babz” Dubreuil (Joanie Martel) è uscita da poco di prigione e adesso lavora come cuoca in un diner, dove è vittima di continue microaggressioni da parte dei suoi colleghi. Quando per una scommessa viene convinta a chiedere un appuntamento, decide di riprendere la sua vita in mano e di diventare la persona che ha sempre voluto essere. Zoé Pelchat crea per la sua attrice protagonista una delicata storia su come spesso solo un capitolo chiuso o una sconfitta possano aiutare l’uomo a capire le sue vere priorità e a rimodellare la propria vita a suo piacimento.
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[…] Dopo la proiezione dei finalisti della sezione Calzinaz, che comprende i documentari e i reportage entro i 25 minuti, e l’incontro dedicato a David Lynch a cura dello scrittore Matteo Marino, la serata è proseguita con la presentazione dei cortometraggi del concorso principale Amarcort. […]