
First Love – Il primo amore di Marco D’Agostin
Marco D’Agostin, vincitore del Premio Ubu 2018 come miglior performer under 35, dal 2010 ha sviluppato la propria ricerca come coreografo ospite in numerosi progetti internazionali, presentando i propri lavori in molti dei principali festival italiani ed europei. Il suo lavoro si interroga sul ruolo e il funzionamento della memoria, e pone al centro la relazione tra performer e spettatore: la danza, una geografia complessa in cui suoni, parole e movimenti collidono di continuo, tende sempre verso la compromissione emotiva di chi la compie e di chi la guarda.
Proprio con il suo First Love, un intenso solo autobiografico, il 4 settembre è iniziata a Pavia Have No Fear, la rassegna del Teatro Fraschini dedicata ai nuovi percorsi contemporanei: otto azioni artistiche, fino al 19 settembre, con alcuni dei nomi più importanti delle arti performative internazionali, come Alessandro Sciarroni e Romeo Castellucci (qui tutte le informazioni). first love marco d’agostin

A volte si riscoprono cassetti dimenticati in cui, tra vecchi scontrini e ricevute, si nascondono fotografie, biglietti di auguri e piccoli oggetti gelosamente conservati e riposti al sicuro in tempi lontani. Il ricordo riaffiora e illumina un passato affievolito in cui quegli ammennicoli erano tesori preziosissimi, amuleti intoccabili, restituendo linfa vitale a sentimenti lasciati essiccare come fiori tra le pagine di diari perduti.
È questa la sensazione che si prova nell’aprire, prima dell’inizio di First love, la busta che viene consegnata a ogni spettatore. Al suo interno nessun foglio di sala, le note di regia per il lavoro di Marco D’Agostin sono una fotografia, le parole di una canzone, una spilla con il disegno di una montagna e un adesivo. Raccontano per rimandi metonimici, il primo amore del danzatore: lo sci da fondo e l’eroina che lo rappresenta, la campionessa Stefania Belmondo, che nella polaroid custodita all’interno della busta sorride accanto a un Marco D’Agostin ancora bambino. first love marco d’agostin

First Love è un grido di vendetta, disperata esultanza, smembramento della nostalgia, in un’altalena tra realismo e poesia, tra corpo e parola, che trova origine nella rilettura della più celebre gara della campionessa piemontese, la 15 km a tecnica libera delle Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002, un’impresa mitica che subito diventa leggenda, un’incredibile favola epica sospesa tra sogno e realtà che culmina in una vittoria tanto impossibile che, come recitano le parole del telecronista, “sembra sceneggiata”.
D’Agostin costruisce una trama intima in cui corpo e voce interagiscono a comporre una grammatica nuova e insolita, al contempo incalzante e delicatamente poetica di struggente bellezza, e i passi di danza tornano sui passi di montagna. Sul palco troviamo un ragazzo ormai cresciuto, non più sciatore ma danzatore, non più sulla neve ma in scena, capace di fondere i ricordi tumultuosi del primo innamoramento con l’atmosfera competitiva dello sport e le emozioni che solo le Olimpiadi sanno regalare. L’immaginario di Marco bambino, diviso tra la passione per la danza e per lo sci, si sovrappone alla ricostruzione della telecronaca originale della gara, partitura drammaturgica dell’intero spettacolo. first love marco d’agostin

Ed è qui che scatta un inaspettato cortocircuito: il racconto privato, effimero e nostalgico, si mescola con la narrazione eroica dell’evento sportivo, regalandoci un’interpretazione che lascia senza fiato. Il pubblico, quantomento, che nel buio della sala rivive quella gara sulla propria pelle, perchè allo sforzo fisico meticoloso e struggente di D’Agostin si contrappone invece un controllo vocale magistrale, che lo rende al tempo stesso presenza concreta, nel corpo sudato, impegnato a plasmare i movimenti ricorsivi e potenti dello sport in danza, ed astratta, come la natura analitica e distante della cronaca, che non solo scandisce il ritmo dei faticosi passi del danzatore, ma appassiona la platea che sublima la tensione in vero e proprio tifo.

Ma per chi? Per Stefania Belmondo, ma anche per Marco. Questo contrasto liminale tra l’estrema soggettività autobiografica della prospettiva narrante e l’algido resoconto cronachistico potenzia l’intensità del racconto: le dimensioni del passato e del presente si compenetrano, e davanti ai nostri occhi il danzatore si fa, contemporaneamente, oggetto e soggetto del narrare. Perchè D’Agostin riunisce in un unico corpo-voce il gesto atletico che si fa spettacolo, la sua narrazione, e l’essenza dell’essere spettatore, teatrale o sportivo che sia.
Questo duplice, anzi triplice piano di azione, si esplicita solo nei pochi momenti in cui gli incitamenti indirizzati alla sciatrice si trasformano in esortazioni rivolte a Marco, a sè stesso, un danzatore non più agonista ma ancora agonista, perchè l’attitudine alla competizione non si scolla mai dalla quotidianità, la disciplina alla concentrazione non si dimentica e si riflette anche nella coreografia, che addensa la liquidità della nostalgia in una partitura di movimenti e contrazioni rigida e minuziosa.

D’Agostin incontra il suo mito e sul palcoscenico riscrive quella lettera d’amore adagiata in una busta di ricordi in mano allo spettatore, ma non si limita ad interpretarla in un’altra grafia – quella del corpo – trasformandola invece in un processo di espiazione e riscatto: Marco non è diventato fondista ma danzatore – Forgive me my first love cantava Adele (e Marco insieme a lei) in apertura dello spettacolo – e nella sua danza riconosciamo, infatti, la necessità di sanare un debito verso un sogno apparentemente tradito, ma anche la volontà di esprimere riconoscenza verso una possibilità, una strada, una vita che, seppur non percorsa, è, in altra forma, ancora presente.
Stefania Belmondo, intanto, vince la gara. Trionfa, nonostante tutto. D’Agostin, di nuovo regista della propria memoria, chiama in scena la neve – l’inizio e la fine, la radice e il lascito, il confine dove si addensa il senso – che inizia a cadere placida e malinconica sul palco. Un palco che poche volte è stato così vicino alla vita.
First love
un progetto di e con Marco D’Agostin
suono LSKA
consulenza scientifica Stefania Belmondo e Tommaso Custodero
consulenza drammaturgica Chiara Bersani
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