
Musikanten – Il biopic metafisico di Franco Battiato
“Ogni concetto non può avere nessuna forma. È infinito. Non comincia e non termina. È musica”.
A vederlo oggi, il Beethoven di Franco Battiato, mentre guarda in macchina congedandosi dal mondo, fa un certo effetto. Perché è impossibile non scorgere nel musicista interpretato da Alejandro Jodorowsky un riflesso dell’artista catanese, la sua smania di ricerca, la sua fede, persino la sua rassegnazione. Questo al di là degli evidenti limiti di un film che crolla sotto il peso dell’ambizione del suo regista e demiurgo.
Non vuole essere una rivalutazione postuma, quindi, questo recupero di Musikanten. Ma la ricerca, piuttosto, di quanto di significativo ci sia sotto la sua superficie grossolana, inelegante, incurante del buon gusto e persino delle regole più basilari del linguaggio cinematografico e della recitazione. Critiche già mosse anche al film d’esordio dell’autore, Perdutoamor, ma qui più forti, aspre, perché più forte è la sua ambizione.

Abbandonata ogni parvenza autobiografica Battiato decide, infatti, con il consueto stile libero e provocatorio, di immergersi completamente nella vocazione “esperienziale” del suo cinema. Un cinema che, nelle intenzioni, è un tutt’uno con il resto della sua produzione artistica. Capace quindi di mischiare senza soluzione di continuità alto e basso, pop e musica classica, esoterismo e gusto per il nonsense, sincretismo religioso e poesia. Alla ricerca di quegli sprazzi di Infinito rappresentati qui dal sogno che è al centro di tutta l’operazione.
Nasce da una seduta di ipnosi regressiva, del resto, il Beethoven di Battiato. Il ricordo della vita precedente di un’autrice televisiva (Sonia Bergamasco) intenta a raccogliere col suo collega (Fabrizio Gifuni) materiali per un programma sui ricercatori dell’inconscio e dell’irrazionale. Era forse questo il progetto originario dell’autore (ci tornerà in seguito, con i suoi documentari), diluito, in fase di scrittura, con l’amico filosofo Manlio Sgalambro. Nasce così un ritratto inedito del compositore tedesco e dei suoi ultimi giorni, in un tentativo di riflessione sulla creatività e il suo fardello. Non una rievocazione storica, quindi, ma un luogo senza tempo dove presente e passato parlano con una sola voce. Il tutto racchiuso da una cornice immersa nei falsi valori di una contemporaneità vista come desolante, dove la cultura non ha futuro e la politica non è altro che abbrutimento ai confini della distopia.

Zeppo di riferimenti artistici, culturali e metafisici, compiaciuto nel suo snobismo intellettualistico ma allo stesso tempo capace di non prendersi mai troppo sul serio, Musikanten è senza dubbio un esperimento fallito. Un’opera incapace (spesso volutamente) di ancorarsi a qualsivoglia convenzione linguistica, estetica o narrativa. Ma sicuramente un tassello importante per delineare appieno la poetica di un autore unico, la sua ricerca di quei piccoli frammenti di Assoluto che ne abitano ogni sua manifestazione.
Birdmen Magazine nasce nel 2015 da un gruppo di studenti dell’Università di Pavia, spinti dalla volontà di indagare e raccontare il cinema, le serie e il teatro. Oggi è una rivista indipendente – testata giornalistica dal 2018 – con una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna.
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium, tra cui le nostre masterclass online: associati a Birdmen Magazine – APS, l’associazione della rivista. I soci 2022 riceveranno a casa anche il nostro nuovo numero cartaceo annuale.