
Shrek: e vissero tutti orrendi e contenti (dal 2001)
C’era una volta, venti anni fa, in una palude isolata uno scorbutico orco: è sufficiente questo breve incipit per riportare alla memoria di tutti Shrek, cult targato DreamWorks ispirato all’omonima fiaba di William Steig. Prima pellicola d’animazione a vincere nel 2002 l’Oscar dell’allora novella categoria Film d’animazione, essa rappresenta la fiaba digitale che più di tutti ha sdoganato i cliché disneyani sovvertendo in chiave postmoderna il genere dei racconti di fate e la caratterizzazione dei suoi attanti.

Primo fra tutti il suo protagonista. Non è la prima volta che un lungometraggio animato presenta un primo carattere reietto della collettività – basti pensare a Dumbo o a Quasimodo de Il Gobbo di Notre Dame – eppure a differenza loro Shrek è un emarginato che non sogna alcuna rivalsa sociale: egli si compiace (almeno apparentemente) del suo ruolo di orco e si gode la solitudine della sua palude. Solo l’invasione dei personaggi delle fiabe in fuga da Lord Farquaad dà inizio al vogleriano viaggio dell’eroe: a differenza dei classici eroi, a spingere Shrek a parlare con futuro sovrano non c’è nessun intento di altruismo, solo la volontà di ottenere l’atto di proprietà esclusiva della sua palude. Infatti, pur di preservare la sua vecchia e solitaria routine l’orco è disposto a tutto, persino a salvare una principessa imprigionata per conto del regnante.

Anche stavolta però il viaggio da compiere sposa un’esponenziale crescita interiore del suo protagonista: l’orco infatti imparerà non solo a fidarsi degli altri, ma anche ad abbattere gli stereotipi tipici del genere: dietro una principessa può esserci un’abile combattente lontana dalle etichette di corte, così come dietro a un orco può celarsi un intrepido eroe destinato a vivere una meravigliosa storia d’amore.

Ad affiancare Shrek, due co-protagonisti d’eccezione la cui personalizzazione rappresenta un ulteriore punto di forza della pellicola. Ciuchino, logorroico mulo che dietro a un apparente leggerezza nasconde una sorprendente saggezza: è lui infatti ad aprire gli occhi a Fiona e Shrek sui loro sentimenti, e sempre lui aiuta l’eroe ad affrontare il tabù del suo sentirsi un reietto della società. Poi Fiona, principessa di giorno e orchessa di notte per via di un sortilegio, divisa tra la vita che per diritto le aspetta (quella che la vede regina e sposa di Lord Farquaad) e quella che, inaspettatamente, la rende felice. Unica figura principale che richiama appieno l’antropomorfismo, ella rappresenta un primitivo ma abbastanza convincente passo verso quel baudrillardiano iperrealismo assoluto e incontaminato della realizzazione di personaggio umano completamente in digitale.

Muovendosi in un meta-mondo dalla faccia acronica, la foresta incantata attorno ai tre personaggi si arricchisce viaggio dopo viaggio non solo di luoghi classicheggianti tipici del genere (ad esempio la torre dove è rinchiusa Fiona), ma anche di altri spazi che sposano invece un’interessante prospettiva ironica della nostra quotidianità. Basti pensare al regno di Duloc, concepito come una dissacrante rivisitazione del celebre parco a tema Disneyland, con tanto di mascotte del regnante e dell’attrazione delle bambole canterine che tanto ricalca l’iconica It’s a Small World.

Etereità e contemporaneità sono anche i due poli che delineano il profilo dei vari personaggi delle fiabe: rappresentati visivamente quanto più fedelmente all’immaginario comune delineato dalla casa di Topolino, essi destrutturano il canone mediante il loro carattere, facendo ampiamente uso di una irriverente ironia. Principesse che si schiaffeggiano, lo specchio delle brame che presenta le plausibili regine come un concorso di bellezza… Ogni personaggio viene umanizzato e portato a una dimensione più reale. Fagocitati all’interno di una più grande storia, essi vengono utilizzati in funzione dei suoi protagonisti, arricchendo la pellicola di gag ben riuscite.

A vent’anni dal suo debutto, il franchise dell’ orco Shrek conta oggi quattro film, uno spin off, videogiochi e fumetti, cortometraggi e una serie tv. L’orco poi è arrivato addirittura a prendere vita grazie a un musical rappresentato a Broadway e a una parte del parco a tema degli Universal Studios di Singapore. Accanto al classicheggiante “Felici e contenti” oggi spicca la formula “E vissero per sempre, Orrendi e contenti”.

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