
Bastardo senza gloria – Ritratto di Eli Roth
«Vedere che Sam Raimi ce l’aveva fatta rese possibile ai miei occhi che una persona come me, appassionata di horror, potesse prendere una cinepresa, andare in un bosco e fare il film più sanguinario e disgustoso possibile». Prima ancora di trasformarsi in uno dei più apprezzati enfant terrible del cinema di genere degli anni Duemila, Eli Roth è stato un bambino appassionato che sognava di dare vita a quegli incubi che tanto popolavano il suo inconscio e le sue visioni quotidiane. Nato a Newton da una famiglia ebraica il 18 aprile 1972, il giovane Eli è cresciuto con un padre psichiatra e docente all’Università di Harvard e con una madre pittrice. Considerata la sua ammirazione nei confronti di Ridley Scott e del suo Alien e l’ambiente familiare propizio al fertile dialogo tra semiosfera della cultura e del genere, col senno di poi lo sviluppo che la carriera di Roth avrebbe attraversato negli anni a venire sembra rispettare l’idea di una qualsivoglia predestinazione.
Leggenda vuole che, prima di diplomarsi alla Newton South High School, Eli abbia girato più di cinquanta cortometraggi insieme ai suoi due fratelli. La laurea alla New York University, poi, e l’ingresso nel mondo del lavoro a Hollywood lo trasformarono nel pupillo di Frederick Zollo, produttore che lo mise in contatto con David Lynch, per cui Eli ha curato il sito Internet. Ebbene sì, prima di attrarre l’interesse di Quentin Tarantino, il bastardo senza gloria di Newton è riuscito a convogliare su di sé l’ammirazione del regista di Mulholland Drive che ha offerto al debutto ufficiale alla regia del ragazzo la sua produzione esecutiva e la colonna sonora firmata da Angelo Badalamenti. Dopo questo breve e rapido prologo, siete pronti a immergervi in questo ritratto focalizzato su quel mondo ricco di ombre e privo di luci che ha dato la fama ad Eli Roth?

Cabin Fever e Hostel: il successo globale del torture porn
Scritto ai tempi della New York University nel 1995 e girato pochi giorni dopo la tragedia dell’11 settembre 2001, Cabin Fever è stato realizzato con un budget di 1,5 milioni di dollari. Con l’obiettivo di riservare quanto più budget possibile per gli effetti visivi ad alta percentuale di disgusto, Eli Roth ha accettato di tagliarsi lo stipendio e ha percepito circa 10 mila dollari. Mai scelta è stata più azzeccata che produrre questo film: venduto durante l’edizione del Toronto Film Festival dell’anno successivo a Lionsgate, Cabin Fever si è affermato come il miglior successo commerciale dell’anno per la casa di produzione ed è valso a Roth la consacrazione come nuovo grande esponente dell’horror nonché leader dello Splat Pack. Atteso al banco di prova dalla critica e dal pubblico di tutto il mondo, il secondo film di Eli Roth ha persino superato le aspettative e gli è valso la nomea di grande rivoluzionario del genere negli anni Duemila. Girato con un budget di poco inferiore ai 4 milioni di dollari, Hostel ha guadagnato 80 milioni in tutto il mondo e, in occasione del week end di distribuzione, ha battuto persino un prodotto mainstream con un cast di primissimo livello come Le cronache di Narnia. Il sorpasso viene confermato anche in sede di vendita dell’edizione home-video che vale a Hostel ulteriori 100 milioni di dollari. Giunto appena alla sua metà e nato senza anestesia, il nuovo millennio poteva vantare l’esistenza di un cannibale in grado di addentare la contemporaneità e gettarsi a capofitto nel buco nero del futuro.
Per meglio comprendere la portata rivoluzionaria del cinema di Eli Roth e dei suoi colleghi, è necessario fare un passo indietro e dare un’occhiata allo stato di forma del genere horror alle porte del nuovo millennio. Dopo Scream – che ha rappresentato il giro di boa e la pietra tombale di un raccontare la contemporaneità che brancolava nel buio alla ricerca di una nuova identità dopo la militanza dei decenni precedenti – e la premediazione di nemici invisibili operata da Il sesto senso e The Others, è toccato a Cabin Fever dare il via agli orrori degli anni Duemila e a Eli Roth trasformarsi nel leader spirituale dei nuovi autori a capo del torture porn. L’etichetta mediatica è stata affibbiata a questo gruppo coeso di registi da David Edelstein, Steve Jones e Aaron Michael Kerner e sintetizza il cambiamento del mondo in seguito all’11 settembre 2001. Ripartire da film veramente violenti e orrorifici che fossero l’unico posto in cui tirare fuori il dolore e la frustrazione e urlare a pieni polmoni fu la reazione di Eli Roth a tutto quello che vedeva e al nuovo controllo americano sul mondo. Relativamente a Cabin Fever e a Hostel, la critica ha utilizzato la parola “porno” con l’obiettivo di indicare la visione gratuita della violenza attraverso numerosi e intensi primi piani su mutilazioni e aspetti orrorifici e la conseguente riduzione del ricorso al fuori campo. La generazione guidata da Eli Roth ha reagito all’occupazione dell’Iraq da parte delle truppe statunitensi e al reportage della CBS sui tormenti fisici, psicologici e sessuali a cui furono sottoposti i prigionieri ad Abu Ghraib trasportando la realtà del terrore nell’universo fittizio del genere horror e individuando nelle forme di tormento il germe di ogni orrore. Secondo il regista di Hostel, sono stati i primi anni Duemila a consentire il superamento del metahorror e dei meccanismi della paura legati a tradizionali storie di fantasmi in nome del desiderio di un pubblico sempre più assuefatto alla violenza e voglioso di spingere il limite un po’ più in là.

There’s a new star inside your house
È il 2007 ed Eli Roth è sulla cresta dell’onda. Identificato da tutti come il leader della nuova generazione di ragazzacci che si ispirava ai movie brats della New Hollywood, se ne fregava della censura e che ha trasportato il nuovo cinema horror dalla nicchia di pubblico a cui gli anni Novanta lo avevano confinato a un’audience globale, Roth si diverte a rilasciare interviste e a consolidare la sua fama di appassionato sfegatato del cinema di Dario Argento, Lucio Fulci, Ruggero Deodato, Umberto Lenzi e Sergio Martino. Non è un caso che, in occasione dell’ottava edizione del Festival internazionale del film di Roma (allora diretto da Marco Muller), Eli Roth abbia presenziato a Il cinema di genere in Italia tra ieri e oggi, tavola rotonda a cui hanno preso parte anche Martino, Lenzi, Enzo G. Castellari, i fratelli Manetti e Cosimo Alemà. La carriera di Roth prosegue e il regista recita nei panni dell’Orso Ebreo in Bastardi senza gloria, lavoro che cementifica ulteriormente la sua salda amicizia con Quentin Tarantino. Nel 2007, durante le riprese di Hostel: Part II, Roth aveva curato il fake trailer di Thanksgiving confluito nel progetto Grindhouse, diretto da Tarantino e Robert Rodriguez. Per Bastardi senza gloria, invece, il regista si è anche occupato della realizzazione del cortometraggio Stolz der Nation con l’intento di parodiare i film di propaganda nazista. Nonostante l’allontanamento temporaneo dalla regia, sono questi gli anni in cui Eli Roth si trasforma in un fenomeno mainstream e in un marchio di fabbrica.

La vendetta è un piatto che va servito freddo
Tra il 2013 e il 2018, Eli Roth cura la regia di ben quattro progetti differenti tra loro. Tra vomito, feci, arti mozzati e corpi smembrati, The Green Inferno decolla come un teen-movie e si trasforma in un feroce e divertito assalto cannibalistico alla società occidentale. L’omaggio al cult di Ruggero Deodato trasforma il luogo incontaminato in un inferno della medesima entità dello chalet di montagna di Cabin Fever e della Slovacchia dei due episodi di Hostel. Lontano dal macabro realismo di Cannibal Holocaust e più vicino alle derive pittoriche e visionarie consentite da un approccio alla messa in scena iperrealista e fumettistico, The Green Inferno rappresenta il divertissement per eccellenza di Eli Roth che, due anni più tardi, si occupa di un crudele home invasion con Keanu Reeves fedifrago e vittima di due ragazze vendicative. Passato pressoché inosservato in Italia, Knock Knock ribalta l’assunto di partenza di Hostel e trasforma il rifugio domestico in un luogo i cui pericoli non sono assolutamente da sottovalutare.
Meglio di qualsiasi altro anno, il 2018 sintetizza la schizofrenia dell’autore che, più di tutti, si è avvicinato all’immaginario percorso da Sam Raimi nel corso della sua carriera. Dirigere un crudele revenge movie e un film per ragazzi durante lo stesso periodo dimostra la libertà anarchica di un personaggio che non ha mai avuto paura dell’industria ma che l’ha sempre scolpita in modo tale che rispecchiasse la sua idea di cinema. Il giustiziere della notte porta in scena la figura di un mite chirurgo che, in seguito a un trauma familiare, si arma a dovere ed entra nell’ostello delle proprie perversioni. Catturato dallo schermo nero delle videocamere di sorveglianza, l’unbreakable portato in scena da Bruce Willis si trasforma in un virus replicante e allevato dall’attenzione mediatica. Figlio dello stile Amblin Entertainment, invece, Il mistero della casa del tempo sembra uscire da un mercatino dell’usato di una città di periferia e riesce a legarsi alla sanguinolenta storia europea, ai fantasmi dei conflitti mondiali e dei traumi dei sopravvissuti. Nella sua classicità di fondo, il film presenta tutti gli ingredienti delle migliori fiabe: un bimbo in fuga e il suo percorso di crescita, una magione piena di segreti in cui cercare di risolvere un enigma, il cattivo di turno che si è perso nella foresta nera della propria mente e due buoni amici che rendono più dolce convivere con il dolore.

Eli Roth’s History of Horror
Alle porte del nuovo millennio, Eli Roth sbarca sulla rete statunitense AMC con Eli Roth’s History of Horror, serie appena rinnovata per una terza stagione e, in Italia, disponibile gratuitamente su RaiPlay. Lo show restituisce la figura del regista appassionato di cultura dell’orrore e consente allo spettatore di riflettere sulla storia del genere più sovversivo di tutti grazie agli interventi di personaggi quali Rob Zombie, Stephen King, Jordan Peele, Andy Muschietti, Quentin Tarantino e Jason Blum, insieme ai quali Roth sviscera le tematiche e le strategie di messa in scena dei film horror più celebri del Novecento. Infine, l’ultima esperienza degna di nota in cui Eli si sia gettato è CryptTV, start-up fondata nel 2015 insieme a Jack Davis e supportata con forza da Blumhouse Productions. Il marchio si occupa di produrre e distribuire online corti e contenuti horror dal budget limitato. Attraverso CryptTV, l’intento del regista di Hostel è quello di esplorare tutte le possibilità che il formato offre ad artisti di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Particolarmente attiva sui social network, la compagnia ha anche curato la promozione digitale di The Visit, film diretto da M. Night Shyamalan.
Se, nel corso degli anni Duemila, il cinema horror ha continuato a offrire al pubblico numerosi motivi per urlare, il merito non va soltanto all’esistenza della paura e del terrore nel mondo ma anche e soprattutto a quella di chi racconta storie paurose per aiutarci a elaborare ciò che accade. In questo contesto, Eli Roth è stato uno degli autori più attivi nelle ultime due decadi e in grado di rinnovare le regole del genere con maggiore veemenza e libertà. Per questo motivo, lunga vita ad Eli Roth, ragazzaccio che non ha mai dimenticato cosa voglia dire essere un bambino curioso e appassionato!
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] Bastardo senza gloria – ritratto di Eli Roth […]