
THX 1138, il folgorante esordio di George Lucas che 50 anni fa diede inizio a una nuova era
“By the masses, for the masses”
Negli abissi d’acciaio di un labirintico conglomerato sotterraneo, un solo uomo corre verso la libertà. Si chiama THX 1138, protagonista del cortometraggio studentesco Electronic Labyrinth: THX 1138 4EB, scritto e diretto dal giovane promettente George Lucas, iscritto alla University of Southern California. Ed è grazie a questo cortometraggio del 1967 se nel 2021 possiamo celebrare i cinquant’anni di THX 1138 (L’uomo che fuggì dal futuro), folgorante esordio del suo autore nel mondo del lungometraggio, primo passo di un’epopea cinematografica che nel 1977 avrebbe dato vita all’universo di Star Wars. 1971 dunque, una data fondamentale per la fantascienza, non solo cinematografica. Dopo 1984 di Orwell, dopo Abissi d’acciaio e Il sole nudo di Asimov, prima di Un oscuro scrutare di Philip K. Dick, di Westworld di Crichton, THX 1138 si inserisce come catalizzatore e precursore di temi cardine della fantascienza successiva.

Nel cortometraggio risiede già la struttura fondamentale del lungo, una fuga a perdifiato fino al mondo superficiale, un grand tour del labirinto sommerso innescato dal libero arbitrio, improvvisamente tornato ad animare THX 1138, unico vero individuo in una massa rigidamente incasellata in ruoli prestabiliti. Come in un formicaio, guarda caso posto sotto terra. Electronic Labyrinth: THX 1138 4EB è quindi una fuga che già suggerisce tante domande cui sarà poi il lungometraggio a rispondere, sviluppando sia nuovi filoni narrativi, sia un’estetica più precisa e certo aiutata dal budget. Nel corto già si affacciano le prime avvisaglie visive della fantascienza asettica anni ’70, che nel 1968 avrebbe avuto con 2001: Odissea nello spazio il suo grande iniziatore, tra ampi spazi spogli, pareti bianche e una massiccia presenza delle macchine nella vita di tutti i giorni. Un rigido controllo distopico che da 1984 ad Alphaville cambia forse forma ma non sostanza, arricchendosi in THX 1138 di istanze religiose, dipendenza programmata da sostanze stupefacenti e androidi violenti.
Il cortometraggio, girato fianco a fianco con una troupe della Marina statunitense, si dimostra un punto di partenza fondamentale per Lucas, in grado con pochi soldi di girare un film davvero futuristico, a partire dalle enormi location della California meridionale per arrivare alle sale di controllo della Marina stessa. Con un gran lavoro sugli effetti sonori e i giochi di fuoco/fuori fuoco che saranno poi propri di THX 1138. La produzione a firma Francis Ford Coppola porta investimenti importanti e un cast di primo livello, con Robert Duvall, Maggie McOmiee e Donald Pleasence a spiccare da una massa di individui conformati, tutti rasati a zero su decisione sofferta di George Lucas. Dunque THX come film che raccontando le masse si distingue dalle masse, sviluppa un proprio bagaglio visuale e si rende immediatamente riconoscibile: sono i prodromi di un’immaginazione pronta a esplodere in Star Wars e altri progetti lucasiani tutti contraddistinti da una volontà d’innovare mai doma, anche a costo di rischiosi azzardi.
Gli ologrammi, gli effetti sonori, le distorsioni vocali, gli androidi, la mediazione elettronica nei rapporti umani, l’amore come causa scatenante di snodi narrativi: ancora una volta, tanti elementi che ritroveremo in una galassia lontana lontana, e che in THX si accompagnano a una civiltà governata su base alfanumerica con l’ausilio di droghe che inibiscono le pulsioni umane e, di fatto, l’umano stesso, ormai al servizio di un cortocircuito industriale mirato ad assemblare sempre più androidi. La fine della dipendenza dalle droghe di Stato equivale al risveglio da un incubo, o anzi, dall’ingresso in un incubo lucido da cui fuggire di corsa, tra corridoi senza fine, profonda repressione e violenza sistemica, mentre fuori c’è un sole gigantesco e gli uccelli volano alto nel cielo. Ed è nell’amore che risiede la scintilla per la fuga, è l’arbitrio della “compagna” LUH 3417 a privare THX delle droghe, portandolo a interrogarsi sulla propria esistenza, sul sistema che lo incatena.

In Lucas convivono quindi i due binari, l’action della fuga finale e la critica alla società industrializzata di massa, con tutte le sue contraddizioni. Pare infatti resistere una latente scintilla di umanità nei pochi personaggi che ci vengono presentati, una consapevolezza inconscia del dolore esistenziale che stanno vivendo. Gli stessi nomi, ridotti a sigle, sono personalizzati, LUH non scandisce lettera per lettera il nome del suo compagno, ma lo pronuncia “Tex”, SEN 5241 sorveglia THX e ne è attratto, viola le regole per avvicinarlo sempre di più. Piccole falle di un sistema che tiene il conto minuto per minuto degli umani e degli androidi in funzione, puntando forse a sostituire presto tutta la costosa popolazione biologica con quella meccanizzata, alimentata con comode “pilette” radioattive. E sta qui la grande crepa strutturale, è il sistema economico stesso a non poter sostenere la presenza di un individuo, a calcolare per filo e per segno quanto costerà fermare o meno la fuga di THX.

Quest’ultimo riesce a fuggire nel mondo superficiale non tanto per manifesta superiorità nei confronti della macchina, quanto per la convenienza economica venuta meno: l’umano è arrivato troppo lontano, fermarlo è diventato eccessivamente costoso rispetto al budget massimo prestabilito, l’umano è libero. Poi esplode un Bach rivisitato da Lalo Schifrin, in una scena finale tutta focali lunghe e musica i cui esiti travolgenti sono curiosamente simili al successivo e indimenticabile finale de Lo specchio di Tarkovskij, anch’esso debitore di Bach.

“By the masses, for the masses“, dunque, non vi è spazio per individui, meglio lasciare che qualcuno scappi, e far scendere il silenzio su tutta la vicenda. Per coloro che sono rimasti indietro, resta l’inganno del dio OMM 0000 simulacro elettronico cui confidare i propri peccati e dubbi esistenziali, lasciandosi cullare dai suoi mantra rassicuranti. “You are a true believer, blessings of the State, blessings of the masses. Work hard, increase production, prevent accidents and be happy”.

Chissà che la fuga di THX non abbia sollevato i dubbi di altri, chissà che qualcun altro non ce l’abbia fatta, sia fuggito, chissà cosa c’è lassù, nel vasto mondo in superficie.
Chissà che George Lucas non decida un giorno di raccontarcelo, più di cinquant’anni dopo. Sarebbe un gran servizio alla collettività, for the masses…
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