
Neanche gli dei: l’ultima stagione di The Good Place di Michael Schur su Netflix
L’ultima stagione di The Good Place, con leggero ritardo rispetto alla distribuzione internazionale, arriva su Netflix. Mi vengono in mente le parole di Robert Kirkman, in una quarta del fumetto The Walking Dead: per lui potrebbe durare per sempre, è curioso dello sviluppo inaspettato che può prendere la trama crescendo con lui, invecchiando con lui, vuole darle vita mentre lui inevitabilmente muore (volito vivus per ora virum?). Michael Schur avrà pensato, a un certo punto, che se c’è tempo all’infinito dopo la morte allora la serie avrebbe potuto non finire mai. Invece no, passo indietro, mente lucida: è giunto il momento, chiudiamo il cerchio.
The Good Place è, in sostanza, la storia di Eleanor, Chidi, Tahani, Jason nella parte buona dell’oltretomba. L’architetto del loro personale orto paradisiaco è Michael; sua assistente non-umana Janet, che può presentificare ogni parola, è la biblica sintesi del luce-fu. Un’immaginazione dell’Oltretomba, dunque, che, scrivevo un paio di anni fa, deve esserci , supportato dal Tropico del Cancro di Henry Miller:
Dev’esserci un altro mondo, al di là di questa palude in cui tutto è buttato alla rinfusa. Difficile immaginare come possa esser fatto, questo paradiso di cui sognano gli uomini.
E l’intelletto di questo altro-mondo Michael Schur lo mostra, in quattro stagioni differenti, attraverso un infinito Truman Show, destinato all’eternità. Sprecando riferimenti artistici, anche: dall’ascesa dantesca verso il sommo bene (attraverso le “idee” tutte medievali di Inferno, Purgatorio e Paradiso), passando per l’utilizzo di Twin Peaks come paradigma dell’incomprensibilità e del mistero della vita, fino al pinocchio collodiano, per cui un essere eterno può e vuole [spoiler] divenire umano (in un modo simile al libro di Asimov, Neanche gli dei, forse?).

Il punto è che in questa serie tutto è meravigliosamente vicenda, per cui una razionalizzazione critica mi sembra banalizzante, assicurandovi che ho riso senza sosta per quattro stagioni per poi piangere come un bambino (capitato solo con Scrubs, forse, e Community). Solo: in questa idea di oltretomba c’è un’idea di mondo. L’oltretomba è la redenzione del mondo, non dell’uomo. L’oltretomba è l’allegoria del mondo. L’uomo è così a causa della gabbia che si è creato attraverso i secoli. La soluzione esistita da per sempre è un sistema valutativo (utopia docimologica affacciata alla distopia? Mi ricorda qualcosa) che rappresenta solo una seconda gabbia, ma più stringente, più atroce per la maggioranza. La “bontà”, nell’immaginazione di Michael Schur, se il sistema di valutazione del peccato è obsoleto, è arbitrario, è malfunzionante (per una sorta di aprioristico complotto del Male) i buoni sono gli ignavi, chi non si schiera, e sappiamo che fine facevano per il Poeta settecentenario.
Scoperto l’errore di sistema, il programmatore riscrive il codice o formatta. Potrebbe un reboot essere la migliore soluzione? (Con inevitabile parodia dell’infinito ricliclo di serie, di motivi, di vicende e via discorrendo). Forse, perciò [spoiler] cancelliamo la Terra. (A proposito, l’idea della infinita possibilità di fresh start è alla base della serie, una sorta di figura di significante, di ritmo o di metro, e la narrazione si sposta così da commedia a epica. Però esagerando). No, cancellare la terra e riavviarla non è il sistema più adatto (che meravigliosa scatola cinese nel Giudice dell’Universo che cerca il telecomando per il riavvio all’interno di infinite Janet, di fatto i supercomputer coscienti dell’oltretomba, consultando un computerino al loro interno). Non può essere la soluzione: il problema non sta nelle premesse, ma nel processo. Bisogna cambiare, bisogna riformare con radicalità – una vera impossibilità politica, non trovate? Solo il Paradiso di Schur è così ingenuo da credere in un’opera tutto sommato pacifica di convincimento al bene, di cambiamento in meglio (sarà possibile, giustifico, perché Shawn, in sostanza il Diavolo, è lo stereotipo vivente del cattivo, che vive solo per il gusto di giocare al cattivo e non può pensare alla fine del gioco). Nell’oltretomba l’uomo può costruire una società, incontrollabile sulla terra, e può andare verso il perfezionamento. La prima e unica chance di vita è palestra diseducativa per una palingenesi ultraterrena: forzare il cambiamento, partire dal fango per uscirne.
Solo che anche una società perfetta se eterna non può sopravvivere, l’onda e la schiuma devono ritornare al mare. Il piacere non può durare per sempre, altrimenti diventa disturbo, nuova patologica norma, come nel PSAS, Permanent Sexual Arousal Syndrome: l’orgasmo continuo è pain, dolore, oppure ottundimento. Anche il Paradiso deve avere il suo portale verso cose che non gli appartengono, sì? Janet vi dirà che è l’unica cosa a non sapere; persino Derek, nuovo Dio contenuto nella sua creazione, Dio dopo la creazione. E nell’anticlimax dell’ultima puntata, la più lunga di tutta la serie, ci sono tutti i segni e gli avveramenti di un doloroso addio. Ne riparliamo quando la recuperate.

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