
The Beach Bum – Ironia e libertà secondo Korine
The Beach Bum è edonismo, anticonformismo e ironia dissacrante. Dopo Spring Breakers (2012) e la critica sociale e morale che portava con sé, Harmony Korine realizza un’opera che, nonostante appaia partorita dallo stesso immaginario creativo, se ne discosta per tono, significato e struttura narrativa. Questo non stupisce se consideriamo che fin dall’inizio della sua carriera, ai tempi di Gummo (1997) e Julien Donkey Boy (1999), il regista californiano si è sempre distinto per l’originalità e l’eterodossia – estetica e narrativa – con cui racconta e ritrae storie di persone ai margini della società o realtà deviate nelle quali queste si inseriscono.
Nella nuova pellicola, rispetto all’opera precedente, viene abbandonata ogni nota drammatica ed ogni tono cupo: il protagonista e chi divide la scena con lui non sembrano essere eccessivamente toccati dagli eventi che accadono, anche quando alcuni di questi avranno risvolti alquanto drammatici; tutto quanto viene sublimato in chiave ironica. A rimanere è però l’estetica eccentrica, elemento fondamentale per ritrarre lo sfarzo e gli eccessi che caratterizzano il film.
Protagonista è Moondog, scrittore e poeta sballato e trasandato tanto all’apparenza quanto nei comportamenti – interpretato da Matthew McConaughey attraverso una prestazione molto fisica – che vive tra case di lusso, macchine sportive, donne e droga. Intorno a lui ruotano diversi personaggi facenti parte della sua stessa realtà: Snoop Dogg recita la parte dell’amico di lunga data, interpretando un personaggio-macchietta che prende molto dall’immaginario che circonda il rapper; oltre a lui a fare da guida a Moondog per proseguire la sua singolare ricerca di libertà troviamo Zac Efron, a riconferma di come – dopo Selena Gomez in Spring Breakers – a Korine piaccia simbolicamente attingere da quel bacino di personaggi cresciuti nell’immaginario pop legati alla Disney e ai suoi ideali artistici e commerciali per far interpretare loro ruoli in forte contrasto con il loro passato. Anche la scelta di scritturare McConaughey – che nella sua carriera ha spesso ricoperto ruoli in produzioni hollywoodiane con un attenzione, si direbbe, più rivolta al botteghino che al lato artistico, con qualche eccezione negli ultimi anni – nella parte del protagonista dimostra come in fase di casting l’attenzione del regista non sia volta solo alle capacità attoriali ma anche all’immagine che circonda l’attore nel panorama cinematografico e sociale.
Una caratteristica, inoltre, già vista nei lavori passati del regista ma che in The Beach Bum viene ulteriormente accentuata è legata alla narrazione degli eventi: le immagini che scorrono sono spesso raccordate in maniera discontinua e volutamente frammentaria: le scene e i dialoghi non sono indirizzati a far progredire la vicenda in maniera lineare quanto piuttosto a descrivere e ritrarre uno stato d’animo attraverso un montaggio che si potrebbe definire “umorale”. Volendo fare un paragone, in quello che fa Korine sembra forse ispirarsi formalmente alle ultime opere di Terrence Malick, quasi totalmente prive di una narrazione e montate secondo associazioni derivanti più dall’istinto e dalle idee del regista che dai rapporti logici causa-effetto inerenti a quello che ci viene mostrato. Questo nonostante la grandissima distanza che separa i due registi a livello tematico e filosofico.
I toni marcatamente comici stupiscono anche chi ha già familiarità con le altre opere del regista, considerando però la dialettica da sempre provocatoria di Korine viene spontaneo chiedersi se questa leggerezza che ritroviamo a più livelli – il modus vivendi del protagonista, l’umore positivo che pervade anche le vicende drammatiche e la libertà sia negli atteggiamenti dei personaggi che a livello formale nell’opera – non racchiuda una poetica personale del regista, che in qualche modo si rivede in Moondog, nel suo anticonformismo e anticapitalismo, nella sua libertà espressiva. Peculiarità che il regista ha sempre riversato nel proprio cinema: nella degradazione estetica e morale e nella narrazione frammentaria di Gummo, nello sperimentalismo formale legato al Dogma 95 di Julien Donkey Boy fino alla disamina sociale cnei confronti della gioventù americana, povera di morale e di speranze per il futuro, che viene attuata in Spring Breakers. The Beach Bum si inserisce quindi nella scia delle altre opere di Korine, andando a costituire un altro tassello nell’eccentrica filmografia di uno dei registi più atipici del panorama americano.
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