
#PFF19 – Vera (Faith)
English version below
Per quest’edizione Birdmen è media-partner del Pentedattilo Film Festival, il festival internazionale di cortometraggi che si svolge a Pentedattilo (Reggio Calabria) dal 19 al 22 settembre. Qui le nostre recensioni in anteprima. Una selezione di sei elementi della redazione comporrà la giuria per la Sezione Thriller. Leggi cosa è successo durante l’edizione precedente!
Vera (Faith) di Tatiana Fedorovskaya inquadra, prima di tutto, un postino. Imbacuccato per il freddo, è alla ricerca dell’anziano proprietario di casa per consegnargli la pensione. Schermo nero, titolo, cambio inquadratura. L’anziano è sulla veranda: nulla di rilevante sembra accadere, nulla sembra dover accadere. Ma lo spunto, dopo un inizio nel mezzo di una vita “ripetitiva” (indicata brevemente attraverso alcune scene, dai dialoghi a camera fissa con la vicina, ai movimenti del gatto, fino alla tavola bandita, con la foto della moglie defunta e un pesce ridotto alla sua lisca, a mo’ di didascalia della foto), lo spunto, insomma, diventa eccezionale. La lampadina che s’accende e si spegne nel bagno, a indicare un malfunzionamento, in qualche modo sembra ripetere un codice, il morse. L’anziano non ha dubbi: è la moglie defunta. Il bagno, come una cabina pubblica, si riempie di scritte, che sono traduzioni in simultanea. Le prime parole?
«Could not you find a better photo of mine?»
Certo. E la dolcezza di un ritrovato rapporto, inaspettatamente, si consuma dapprima nella sostituzione dell’icona, a convalidarne la “magia”, e poi nella riattivazione di tutta una serie di automatismi affettivi perduti da tempo, però nell’unico luogo dove la consorte può presentificarsi: nel bagno. L’uomo costruisce un tavolino coi vecchi libri, si rade la barba, si sistema i capelli, compie insomma dei preparativi, interrotti solo all’altezza di un pasto frugale. La realtà è che vuole sentire la voce della moglie, e si accampa nel bagno nel tentativo di trasformare l’impianto elettrico in uno radio.
Lo spunto drammatico è presa di consapevolezza di quanto i legami possano durare, o ritornare, e insomma di quanto le ferite scompaiano e si nutrano – ossimoricamente – nel tempo. Il finale, unico elemento di “violenza” in tutto il (pacatissimo) cortometraggio, rappresenta l’insanità, l’oltrepassamento del limite, tanto è che nella inquadratura conclusiva la realtà si subordina al sogno: il postino dell’inizio non trova l’anziano, ma non trova neanche il tetto del bagno, come se fosse possibile un’ascensione, tutt’altro che cristiana – piuttosto personalissima e sentimentale.
Prendendo a riferimento la cultura italiana, nell’ambito del fumetto è una storia che si sposerebbe alla perfezione con le strategie oniriche di Dylan Dog (quello di Sclavi). Ma più da vicino ricorda Chi parla? di Raffaello Baldini, lungo poemetto di 336 versi in sei strofe: l’autore immagina di parlare al telefono con la moglie defunta, secondo una pratica in realtà diffusissima nel paese. Ovviamente, è l’occasione di dire ciò che mai s’è detto, è il momento dei rimpianti, è il momento delle parole, che sole riescono a render presente, a evocare la persona amata:
«ti sento un po’ lontana, parla più vicino, / ecco, così, è come, è come fossi qui»
(vv. 10-11)
Lasciando da parte, chiudendo, l’eco che il cortometraggio performa, è necessario sottolineare la regia decisa, particolarissima nelle soste che si concede, a camera fissa, sulla figura intera dell’uomo e sul primo piano dei suoi occhi appena bagnati dalle lacrime, nondimeno sugli oggetti, a indicare metonimicamente un tutto di cui a fatica si rende il peso; la fotografia dai toni freddi, riscaldata da un fuoco tutto diegetico nel climax finale; la sceneggiatura misurata, fondata sul silenzio e su una strategia circolare senza eccessivi scatti dalla norma, e a ragione funzionale alla messinscena – più un rituale, una religione, se in fondo si tratta di fede, faith, di fedeltà.
[English version by Serena Demichelis]
Vera (Faith) by Tatiana Fedorovskaya
With this edition Birdmen is media-partner of Pentedattilo Film Festival, the international short movie festival held in Pentedattilo (Reggio Calabria) from Sept. 19th to Sept. 22nd. Here is the preview of our reviews. Six of our editors will form the jury of the Thriller section. Read what happened last year!
Tatiana Fedorovskaya’s Vera (Faith) opens with a postman who, covered in layers of clothes to protect himself from the cold, is looking for an elderly man in order to deliver him his pension. Black screen, title, the frame changes. The elderly man is on his porch: nothing relevant seems to be happening, nothing seems to be about to happen. And yet, here’s the cue – and an exceptional one, after this first acquaintance with a very ordinary life, which is briefly presented to us through some scenes and dialogues, its ordinariness transpiring from the movements of the cat, from the table with a picture of the man’s deceased wife and, as a caption to the photo, a fishbone. The faulty lightbulb which goes constantly on and off in the bathroom seems to be repeating a message written in morse code. The old man has no doubt: his dead wife is talking to him. The bathroom, just like a public telephone booth, is filled by writing, simultaneous translations. And what are her first words?
«Could not you find a better photo of mine?»
Sure. The sweetness of this recovered relationship unexpectedly materializes first in the substitution of the icon, so that its magic is now validated, then in the re-activation of a series of automatisms which had gone lost with the passing of time and are dictated by affection. They all take place in the only space in which the woman can become a perceivable presence: the bathroom. The man builds a small table with some old books, shaves, fixes his haircut, he gets ready, in short, pausing only to have a frugal meal. He wants to hear his wife’s voice and moves to the bathroom: he wants to transform the electric wiring in a radio device.
The dramatic cue lies in the awareness of how human ties can last and be revived, of how wounds tend to (oxymoronically enough) heal and worsen in time. The ending, which is also the only moment of violence in the whole film, represents insanity, the trespassing of limits, so much that in the last frame reality is subordinated to dreams: the postman can’t find the old man – and he can’t find the bathroom rooftop either, as if ascension (definitely not in Christian terms, but in personal and emotional ones) were possible.
Italian culture offers some terms of comparison: for instance, this story would perfectly fit some of (Sclavi’s) Dylan Dog’s dreamlike strategies. We get even closer with Chi parla? (Who’s there?) by Raffaello Baldini, a 336 lines long poem; the author imagines to be on the phone with his deceased wife, a practice that was actually quite frequent in the country. Such a dialogue would obviously be the time to speak the unsaid, time for regret, time for words, the only ones that can summon the departed:
«ti sento un po’ lontana, parla più vicino, / ecco, così, è come, è come fossi qui»
(ll. 10-11)
Leaving aside the various ways in which the film echoes through culture, it is now necessary to highlight Fedorovaskaya’s determined way of directing, with its peculiar pauses on the man, full figure, or on his eyes moist with tears – as much as on objects, which cover a metonymical function in indicating the heaviness, the gravity and the weight of an “everything” that is almost unconceivable in its wholeness. Cold colors turning warmer (a diegetic choice) during the final climax; a neat screenplay, strongly based on silence and on a circular strategy that does not deviate all too often from the rule, functional to the act, which qualifies more as a ritual, a religion – we are, all in all, talking about faith.
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