
Anticipazioni su “La verité”, film d’apertura di Venezia 76
La verité del regista giapponese Kore-eda Hirokozu ha aperto la 76ª Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia con un cast composto d’eccellenza: Catherine Deneuve, Juliette Binoche e Ethan Hawke. Il film porta sullo schermo ciò che si nasconde dietro i riflettori cinematografici: la verità. Una verità quotidiana, conflittuale e intima offerta attraverso un punto di vista prettamente femminile – ci sorprende infatti trovare Ethan Hawke in un ruolo secondario – che vede contrapporsi una madre-diva, smaniosa di approvazione e stima da parte del pubblico, ad una figlia, ormai adulta, bisognosa di dimostrazioni d’amore materno, interpretata intensamente dalla Binoche.
Il plot, che eredita il “DNA bergmaniano” dei film d’autore familiari e introspettivi, si snoda su un arco narrativo che non presenta un apparente cambiamento al livello della trama. La dinamica evolutiva della storia si sviluppa infatti all’interno del personaggio principale di Catherine Deneuve. Una recitazione profonda ed esperta quella della settantacinquenne attrice francese, di nuovo in gara per il premio come miglior interprete femminile.
I dialoghi, mai didascalici, sono colmi di citazioni rivolte ad una filmografia e ad uno star system appartenenti ad un Cinema del passato, del quale la stessa Deneuve è stata una figura di primo piano; il che rende l’attrice ancora più adatta a questo difficile ruolo in cui spesso sembra interpretare se stessa. Ironica, per esempio, la scena in cui la diva esprime chiaramente il suo disaccordo in relazione al talento di Brigitte Bardot, che nel 1960 fu effettivamente protagonista dell’omonimo film di Clouzot, La verité, candidato agli Oscar un anno dopo.
Una regia delicata e uniforme accompagna questa semplice ma molto efficace sceneggiatura scritta dal regista stesso. Il film dunque non tradisce le attese del pubblico e lo prepara alle proiezioni dei due giorni successivi del festival che tratteranno temi familiari e drammaticamente quotidiani con altrettanta sensibilità: lo splendido Marriage Story di Baumach e il politicamente impegnato The perfect candidate di Al-Mansour, entrambi in concorso.
Consigliata quindi la visione in sala de La verité distribuito in Italia a partire dal 3 ottobre 2019.
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[…] La Vérité – per citare il titolo di un altro film in concorso alla 76esima Mostra del Festival di Venezia – nel cinema di Polanski è un orizzonte evanescente. Totalmente inaccessibile o opacizzata dalla caligine del dubbio, il percorso che sembra condurvi si rivela spesso un beffardo cul de sac. Ne L’ufficiale e la spia però non si tratta più di ragionare sull’indecidibilità tra vero e falso, come accadeva ancora nel precedente Quello che non so di lei, quanto di operare uno scarto da tale prospettiva e un suo ribaltamento. La verità dell’affaire Dreyfus è flagranza storica, dato noto sia allo spettatore sia al colonnello Georges Picquart (Jean Dujardin), che riaprì il processo contro il capitano ebreo Alfred Dreyfus (Louis Garrel), accusato nella Parigi antisemita del 1894 di aver fornito segreti militari ai nemici tedeschi. L’impresa di Picquart dunque non sta tanto nello svelare la macchinazione ai danni di Dreyfus, quanto semmai nel conferire alla verità accertata valore di realtà effettiva agli occhi ostili del tribunale militare, dello Stato e dell’opinione pubblica. L’ultimo film di Polanski sonda così l’intercapedine che separa la ricerca della verità dal suo riconoscimento ufficiale (giustizia), la mera falsificazione dalle logiche della post-verità. […]