
Bergonzoni ci predispone all’Altrove con “Trascendi e sali”
«Bravo, bravissimo. Ma che mal di testa!», «Un genio. Ma che fatica!», «Tu ci hai capito qualcosa? Perché io no!». Ecco alcuni commenti a caldo, raccolti all’uscita del teatro. I critici, noi, il pubblico di Trascendi e sali: il quindicesimo spettacolo scritto, nonché mirabilmente interpretato da Alessandro Bergonzoni, che ha esordito presso il Teatro Duse di Bologna, città natale dell’autore-attore, nell’Ottobre del 2018.
Non sono proprio le reazioni che ci si aspetterebbe di ascoltare in coda ad un monologo comico. Certo, sapevamo che il comico in questione fosse unico nel suo genere. Ma finire addirittura spossati, nel corpo e nello spirito, ci pare un po’ eccessivo. D’altronde, eravamo venuti per essere intrattenuti, mai più ci saremmo aspettati di trovarci sconquassati e doloranti. Com’è successo?

Si evince facilmente che assistere ad uno spettacolo di Bergonzoni non è una passeggiata. Anzi. L’immagine di una metafisica ed ardua scalata verso un ignoto Altrove, evocata dal titolo dell’opera ed incarnata dalla scenografia, meglio rappresenta l’entità del percorso che l’autore-attore bolognese propone al suo pubblico. Ovviamente non è una richiesta da poco. Ma Bergonzoni ne è consapevole, ed evita che le difficoltà si trasformino in irrigidimento o resistenza con un’arma dall’inarrivabile potere persuasivo: la comicità. La sua, inconfondibile, irresistibile.
Una comicità fatta di funambolismo logico e fenomenali numeri di giocoleria lessicale, ora sferzanti ed immediati come freddure, ora cervellotici ed intricati. Tra esplosioni di ilarità a bruciapelo e risolini ritardatari e a denti stretti, il risultato è un incessante e variegato fragore di risate che pervade la sala, durante una narrazione teatrale scoppiettante e poliedrica che, nello spazio di un’ora e mezza, affronta un’enormità di temi, fra i quali: la morte, l’Aldilà, il senso della vita, i casi Cucchi e Regeni, i fenomeni dei flussi migratori provenienti dall’Africa, della violenza sulle donne, del consenso dilagante verso i nuovi movimenti di estrema destra in Europa, l’episodio dell’unico essere umano nella storia ad essersi trovato a Vipiteno, di giovedì, alle 8:30, in calzamaglia, a cavallo di una giraffa.

Insomma, non è solo nonsense o umorismo surreale, non è solo critica sociale o satira, non è solo introspezione o ricerca antroposofica. È tutto questo assieme. Il filo che lega fra loro le opere di Bergonzoni (coadiuvato in quest’ultima occasione dal regista Riccardo Rodolfi), partito dalle prove più “leggere” de Scemeggiata, Le balene restino sedute e Anghingò, è andato via a via intricandosi e intrecciandosi, stringendo i suoi lacci attorno a visioni e forme della realtà sempre più varie e complesse, attraverso le esperienze di Madornale 33 e Predisporsi al micidiale, fino ad arrivare a abbracciare e annodare una quantità di delicatissime tematiche sociali, con le più recenti Urge, Nessi ed infine Trascendi e sali. Tentare di comprendere, di sbrogliare la matassa, di fronte a quest’ultimo testo che contiene tanti aspetti e produce tanti effetti, sarebbe limitante. Occorre lasciarsi coinvolgere, travolgere e stravolgere.
E allora, sì. Forse è giusto che noi, il pubblico di Trascendi e sali di Bergonzoni, alla fine ci ritroviamo col volto contratto per il troppo ridere, la testa confusa per il troppo pensare, la pancia sottosopra per il troppo sentire. In una parola: affaticati. Come dopo una scalata.
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