
Psycho Pass: un intellettuale anime cyberpunk
«È un mondo dove la condizione psicologica e le tendenze caratteriali delle persone possono essere misurate e trasformate in numeri. Ogni disposizione psicologica viene registrata e controllata, e questa misurazione, che determina un criterio di giudizio sull’animo degli individui, è conosciuta dalla gente come “Psycho Pass”.»
Con queste parole termina ogni episodio dell’anime chiamato (appunto) “Psycho Pass”. La serie, prodotta nel 2012 dallo studio I.G. Production (“padre” di decine di opere di successo tra cui il recente Shingeki no kyojin o il cult Ghost in the shell), è un futuristico thriller psicologico ambientato in una Tokyo a metà tra un un romanzo di Dick e uno di William Gibson (autori esplicitamente citati dai personaggi nel corso della storia). La brillante sceneggiatura della serie è scritta da Gen Urobuchi; i disegni, invece, sono affidati alla sapiente mano di Akira Amano. La prima stagione è presente su Netflix doppiata in italiano da “Dynit”, la seconda stagione e un OAV (non ancora doppiati), al momento, non sono disponibili su nessuna piattaforma di streaming legale, ma non preoccupatevi: il progetto Psycho Pass esprime al meglio il valore dell’opera nella sua prima stagione, autoconclusiva.
La storia si sviluppa in una realtà in cui il Sybil System, un super computer controllato dal Public Safety Bureau, monitora costantemente il cosiddetto “coefficiente di criminalità” di tutta la popolazione giapponese. Questo “Big Brother” futuristico è in grado di misurare con estrema precisione le inclinazioni, le tendenze e lo stato psicologico di ciascun individuo. Chiunque venga sorpreso con un valore anomalo, sopra i valori soglia, potrà essere arrestato, anche prima di aver commesso alcun crimine. A un primo sguardo il tutto può apparire come un’utopia visionaria in cui ogni cittadino svolge il compito più adatto alle sue attitudini personali e la criminalità non esiste più.
«Ciò che va fatto compete a chi è capace di farlo. È questo il grande privilegio che il Sibyl System offre all’umanità.»
Appena ci avviciniamo al mondo dei protagonisti ci si rende conto che il male, la discriminazione e i crimini violenti sono ancora presenti nel tessuto sociale. Akane Tsunemori, al comando di una squadra di esecutori, è una giovane ispettrice con un limpido Psycho Pass. Il destino di ogni ispettore che si occupa di crimini violenti sembra essere quello di intorbidire il proprio Psycho Pass, essere considerati criminali latenti dal Sybil e, di conseguenza, diventare i “cani da caccia” della polizia, cioè gli esecutori.
«Se guardi troppo a lungo nell’abisso, prima o poi anche l’abisso guarderà dentro di te.»
La narrazione scorre rapida dopo i primi episodi introduttivi. Accelerando gradualmente il ritmo, si alternano sequenze action a digressioni esistenziali dei protagonisti. Il climax di questa dicotomia tra azione e filosofia si struttura sull’incontro/combattimento tra Shinya Kōgami (esecutore e co-protagonista) e Shōgo Makishima (villain).
«La giustizia senza la forza è impotente.»
«Bisogna dunque unire la giustizia e la forza; e perciò bisogna far sì che ciò che è giusto sia forte e che ciò che è forte sia giusto.»
Mentre aspettiamo che si sveli la coltre di mistero che ricopre il sistema deputato al controllo della società, assistendo nel frattempo ad efferati omicidi, riusciamo ad empatizzare con ognuno dei personaggi che vengono presentati. Anche il “cattivo” principale della serie è tratteggiato in modo tale da non far trasparire malvagità fine a sé stessa, ma per far sì che lo spettatore riesca a rapportarsi con i suoi ideali fino quasi a comprendere le motivazioni delle sue azioni. In una costante lotta tra il male e il bene cominciano a crollare i muri che dividono il bianco dal nero, il dubbio riguardo la bontà e l’effettiva giustizia del Sybil System si insinua lentamente nella testa della protagonista, e per osmosi nella mente dello spettatore.
«Più che un sistema amministrativo, non è una gigantesca prigione? Un panopticon.»
In conclusione Psycho Pass è un’opera che unisce una trama solida e pregevoli dialoghi ad un comparto visivo e sonoro di tutto rispetto. Character design ed eccellenti animazioni dei combattimenti (sempre avvincenti e con un pizzico di splatter) rendono la visione costantemente piacevole, e il ritmo con cui si sviluppa la trama fa mantenere sempre attivo l’interesse dello spettatore. È un prodotto fruibile sia da grandi appassionati di animazione giapponese sia dai neofiti di anime.
Ecco una buona notizia per i fan: tra gennaio e marzo 2019 uscirà in Giappone la trilogia Psycho-Pass: Sinners of the System, tre film che speriamo possano riprendere lo stile e l’intensità narrativa della prima stagione.
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