
November: dall’Estonia con folklore
Ombre, neve e nebbia. Questa triade domina incontrastata nell’ultima fatica di Rainer Sarnet, November, punta di diamante del cinema estone del 2017, addirittura preso in considerazione dall’Academy ma non comparso nella lista dei cinque candidati per il miglior film straniero.
E ci credo, mi viene da dire: siamo di fronte a un bizzarro crogiolo di tradizioni fiabesche percorso da una vena dark e grottesca, su un altro livello rispetto alla fruibilità media di un prodotto da Oscar. Tratto dal best-seller estone Rehepapp, scritto da Andrus Kivirähk alle soglie del 2000 come una sorta di allegoria dei mali moderni raccontata mediante il folklore locale, non è la prima trasposizione del regista baltico, che nel 2011 si è misurato con una versione punk de L’idiota.
In una terra che si colloca a metà tra il mondo germanico, quello slavo e quello scandinavo, tormentata da secoli di occupazioni straniere e con una percentuale di ateismo altissima, può sorprendere di trovarsi dinanzi a un film pervaso dal senso del sacro e del fantastico. Attorno alla vicenda centrale di un amore non corrisposto fra due giovani, ruota infatti un mosaico di personaggi inseriti in una società contadina dove dominano povertà, avidità e superstizione, popolata da maschere sporche, scavate e menomate.
La minaccia sempre incombente della morte, spesso sotto forma di malattia epidemica, è incarnata da allegorie in cui paganesimo e cristianesimo si intrecciano costantemente, e smorzata da un umorismo beffardo e amaro, che travalica ogni tipo di morale. Una sequenza su tutte, quella che coinvolge la peste nera, ricorda le atmosfere surreali della danza macabra del Nosferatu di Herzog (1979), anch’egli alle prese con la raffigurazione del morbo più letale della storia umana.
La foresta, perennemente sferzata da venti, ricoperta da nevi o attraversata da nebbie, non è solo il cuore pulsante della vita contadina, ma anche la zona di transito tra mondano ed extra-mondano, dove l’ineluttabilità della morte viene meno tramite l’evocazione degli spiriti dei defunti o di creature demoniache.
L’incontro tra mondo naturale, mondo magico e mondo umano costituisce il fulcro dell’intera pellicola, metaforicamente incarnato dalle mutazioni di uomini in animali e dai kratt, esseri incantati del folklore estone. Dall’aspetto ragnesco, queste creature sono composte da utensili umani e altri resti, prendono vita grazie a un patto col diavolo e la loro presenza sullo schermo, seppur breve, incide quanto basta da non farceli dimenticare. Proprio la forza visiva delle allegorie proposte, le inquadrature evocative e il bianco e nero a tratti lugubre, a tratti tagliente sono l’elemento che più mi ha attirato nel momento in cui mi sono imbattuto per la prima volta nel film. A tutto ciò si aggiunge la volontà di raccontare una vicenda che travalichi la mera fantasia della fiaba per dirci qualcosa di più circa la natura dell’uomo e il suo posto nel mondo.
November è un must-see per gli amanti del cinema sovrannaturale e straniante, o più semplicemente per chi apprezza un certo tipo di estetica gotica in un contesto altro rispetto alla classica tradizione fiabesca occidentale.
Qui il trailer del film, ancora inedito nelle sale italiane:
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Adoro solo per il fatto che ricorda Nosferatu di Herzog!