
Tra brivido e commedia al Fraschini, con Agatha Christie
Lo spettacolo inizia ben prima dello spegnimento delle luci, con un suono di gabbiani e di sciabordio delle onde di indubbio effetto scenico. Il richiamo agli spettatori di prendere posto risulta così quasi un ironico parallelo al fonografo che preannuncia ai protagonisti il loro destino. La vicenda si svolge per intero nel salone principale della villa, dove al centro si erge una imponente colonna con sopra incisa la macabra filastrocca e circondata dalle statue dei soldatini. I protagonisti entrano in scena a turno, preceduti dalle loro rispettive estroversioni caratteriali: Il sorriso smagliante di Marston (Tommaso Minniti), il malinconico passo del dottor Armstrong (Carlo Simoni) la stantia eppure marmorea presenza di Madame Brent (una magistrale Ivana Monti). Parlavamo però di stonature, e nello specifico di stonature comiche al limite del grottesco specialmente nei personaggi di Blore (Mattia Sbragia) e del capitano Lombard (Pietro Bontempo) i quali fungono all’occorrenza da sollievo in una vicenda che soltanto un paio di volte raggiunge livelli palpabili di tensione, in particolare il secondo quando, durante il secondo atto, parodia la filastrocca in preda a un panico nervoso.
Non c’è dubbio quindi che questa versione di Dieci Piccoli Indiani risenta talvolta eccessivamente degli echi comici con i quali il regista ha voluto ammorbidire la vicenda eppure non si tratta certo di una parodia quella di Reguant bensì di una trasposizione che specialmente nel secondo atto svela al meglio tutta la propria vertiginosa spirale tipica del delitto a camera chiusa doppia. Le luci, i suoni e ancora di più gli effetti di scena colpiscono nel vivo lo spettatore che si sia lasciato incautamente cullare dai virtuosismi comici e l’effetto è di puro brivido. Ma il vero fiore all’occhiello dello spettacolo è la filastrocca stessa, recitata macabramente ad ogni decesso da un coro di voci fanciullesco, disturbante e cantilenante. Non si può poi non rimanere impressionati dalla cura del regista nell’aver saputo disporre ottimamente dello spazio di scena, concedendo ad ogni personaggio il proprio fuoco narrativo, definendoli anche in una personale cornice cromatica che ha il sapore del flashback più intimo nei passaggi autobiografici. In questo modo commedia e dramma si amalgamano in una miscela ben riuscita di brivido e tensione alla fine della quale, a differenza della prima trasposizione teatrale a cura dell’autrice stessa del 1943, non ne rimane più nessuno.
L’articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2018 sul sito http://inchiostro.unipv.it/
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] riferimento principale sono i gialli di Agatha Christie – in particolare Dieci piccoli Indiani –, citata nella serie e letta dallo stesso Joe/Jonathan […]