
5 cortometraggi da Concorto Film Festival 2023
Dal 19 al 26 agosto a Pontenure (PC) si terrà la 22° edizione di Concorto Film Festival, uno tra gli appuntamenti più importanti a livello europeo per il mondo del cortometraggio. Birdmen Magazine, anche quest’anno fiero media partner del festival, ha selezionato per voi 5 cortometraggi dai 41 facenti parte della selezione ufficiale.

El secuestro de la novia (The Kidnapping of the Bride) di Sophia Mocorrea
Provenienti da due parti del mondo che non potrebbero essere più diverse (rispettivamente l’Argentina e la Germania), Luisa e Fred sono una coppia che ha sempre rifiutato gli schemi tradizonali in un continuo gioco di ruoli sia legati al genere che alle aspettative che la società e le famiglie impongono su di loro.
El secuestro de la novia di Sophia Mocorrea, vincitore del premio come miglior cortometraggio internazionale al Sundance Film Festival, cattura il conflitto interno ed esterno alla coppia nel momento in cui, sposandosi, fanno i conti con l’ormai antiquata tradizione del rapimento della sposa. Quello che secondo alcune regioni della Germania è un gioco diventa per Luisa e Fred un momento di crisi, che mette in discussione la loro intera relazione.
La regista trasforma la coppia in un campo minato fatto di errori altrui e di parole non dette, aiutata dal brillante lavoro dei due attori protagonisti. Sophia Mocorrea ha dichiarato in un’intervista l’intenzione di trasformare il cortometraggio in un lungo dal titolo Marriage By Abduction, dove desirerebbe esplorare più a fondo il rapporto tra Luisa e Fred.

Aaah ! di Osman Cerfon
Aaah ! del regista francese Osman Cerfon nasce dall’omonimo “verso” e dai suoi molteplici significati. Quel suono diventa, soprattutto per i più giovani una lingua a tutto tondo, capace di adatttarsi a tutti i contesti e a tutte le emozioni: esprime sgomento e dolore, ma anche sorpresa, ilarità e felicità.
Aaah !, che ha avuto il suo debutto internazionale alla Berlinale di quest’anno nella sezione Generation, mostra l’infanzia nella sua essenzialità, nel momento in cui ogni cosa sembra più grande di noi e l’unico modo per affrontarla è guardarla con lo stupore di quegli anni. Il vivace stile di disegno di Osman Cerfon esagera i tratti dei bambini, portando all’estremo la loro espressività che ci aiuta a tradurre ogni loro “Aaah”, unica lingua riconosciuta dal corto, per capire le esigenze e le emozioni dei protagonisti.

La grande arche di Camille Authouart
La grande arche di Camille Authouart è un invito a guardare il mondo con una nuova e necessaria meraviglia. Parigi è una città in continua e tumultuosa trasformazione e il quartiere di La Défense ne è la principale testimonianza: concepito come un distretto austero dedicato al mondo degli affari, gremito di torri e grattacieli, si è trasformato nel museo all’aria aperta più grandi di tutta Europa con circa 70 sculture e altre opere sparse per tutta la zona.
Agli occhi dei lavoratori che percorrono quelle strade con la testa bassa l’arte risulta invisibile, ma di notte quando tutto tace, questa diventa la protagonista. Camille Authouart mostra l’invisibilità dell’arte e l’impossibilità della meraviglia nel contesto urbano, quando il caos e l’erraticità della vita quotidiana sopprimono ogni possibilità di fermarsi e apprezzare quanto ci circonda.

27 di Flóra Anna Buda
Vincitore della Palma d’oro come miglior cortometraggio al Festival di Cannes e del premio come miglior corto d’animazione ad Annecy, 27 della regista ungherese Flóra Anna Buda è una delle poche opere capaci di catturare con sincerità e irriverenza l’ennui tipica della fine dei vent’anni, in quel bilico tra adolescenza ed età adulta.
Per Alice, una perenne sognatrice di 27 anni che vive ancora con i genitori, un incidente in bicicletta dopo un party psichedelico diventa un’opportunità per crescere e per mettere in discussione la propria vita. La donna usa la sua fantasia per fuggire dal grigiore di Budapest, che in 27 si trasforma in un luogo crudele e distopico. La sfera sessuale assume nel cortometraggio un ruolo centrale e lo fa senza mai doversi celare dietro a metafore o a immagini di dubbia interpretazione: quella di Alice è una sessualità dirompente, mai censurata e sempre vissuta appieno.

Todo incluido di Duván Duque Vargas
Le vacanze estive sono per tante famiglie una dimensione a parte, dove le dinamiche si plasmano adattandosi al nuovo contesto. Diventano anche gli scenari per promesse destinate a non essere mantenute. Questo succede a Fer, un ragazzo di appena undici anni ormai abituato a un padre sempre indaffarato col lavoro e che lo mette sempre in disparte. Il genitore gli promette che quella vacanza insieme, in un resort all-inclusive, sarà l’occasione per stare insieme senza distrazioni. Presto però quell’idea idilliaca inizia a disintegrarsi e anche i momenti di gioia sembrano abitati da fantasmi fatti di rancore e malinconia.
Con Todo incluido, il regista e sceneggiatore Duván Duque Vargas porta sullo schermo una famiglia autentica, turbolenta, con due genitori incapaci di comunicare e un bambino che non ha ancora gli strumenti per decifrare i loro atteggiamenti. Il finale ambiguo e spettrale ricorda la chiusura di Aftersun, il debutto nel lungometraggio di Charlotte Wells che si è trasformato in un vero e proprio fenomeno cinematografico l’anno scorso.
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