
Animali Selvatici – Strategie di sopravvivenza nella Transilvania di Cristian Mungiu
Transilvania, Romania. Mancano pochi giorni a Natale. Come di consueto, Rudi attraversa il bosco che separa la sua abitazione dalla scuola del villaggio di Recia, vicino al quale abita con la madre Ana, quando qualcosa tra la vegetazione lo spaventa al punto che il bambino, caduto in stato di shock, smette di parlare. Il padre Matthias, emigrato in Germania per cercare lavoro, decide allora di fare ritorno al villaggio per prendere in mano l’educazione del figlio e badare al vecchio padre, gravemente malato.

L’ultimo film del regista rumeno Cristian Mungiu (4 mesi, 3 settimane, 2 giorni; Un padre, una figlia), Animali Selvatici (R.M.N.), presentato in concorso a Cannes nel 2022, unisce il racconto delle vicende private e familiari di Matthias e delle persone che lo circondano a quello corale della comunità nella quale vivono. Il cineasta rumeno segue il ritorno a casa di Matthias, i suoi rapporti difficoltosi con Rudi, la moglie Ana, il vecchio padre Otto, l’ex amante Csilla, un complesso intrecciarsi di storie personali che, a loro volta, si intersecano con le vicende del villaggio, sconvolto dall’arrivo di tre lavoratori provenienti dallo Sri Lanka. È proprio l’arrivo di un elemento esterno e forestiero che scatena le paure mai sopite di questa comunità in bilico tra tradizione e novità, portando alla luce le sue profonde contraddizioni e provocando lacerazioni che si riverbereranno anche sulle vite private dei protagonisti.

Cristian Mungiu parte da un fatto di cronaca, un gruppo di abitanti di un villaggio della Transilvania che si mobilitò nel 2020 contro l’assunzione in una panetteria di alcuni dipendenti cingalesi, per tratteggiare il quadro complesso e sfaccettato della società rumena, mettendo in luce l’orgoglioso attaccamento verso le tradizioni e la propria terra, il fenomeno dell’emigrazione all’estero, il carattere multietnico e multilinguistico delle comunità transilvane, in cui convivono ormai pacificamente rumeni, ungheresi e tedeschi, ma anche il prevalere di un forte sentimento nazionalista e uno scarso senso di appartenenza all’Unione europea.
Il cineasta rumeno va però ben oltre la semplice ricostruzione cronachistica dei fatti e, attraverso il racconto di storie reali, mostrate con lunghe riprese che rifuggono il montaggio e l’uso pressoché esclusivo di musica diegetica, aspira a dire qualcosa di più universale sulla natura umana. Centrale appare il rapporto con l’altro, il diverso, che viene percepito come una minaccia alla propria sopravvivenza e a cui, dunque, si deve reagire violentemente. Per evitare di essere sopraffatti, bisogna sopraffare; è proprio questa la lezione che Matthias insegna al piccolo Rudi, affermando che «per sopravvivere basta non provare pietà».

Da una parte, dunque, abbiamo una comunità che rischia di estinguersi e che lotta strenuamente per la propria sopravvivenza, come d’altronde è sempre stata abituata a fare; ce lo raccontano i suoi stessi membri, ci sono stati gli Àvari, gli Unni, il comunismo e ora sono la pressione europea e la società globalizzata a mettere a rischio l’integrità e il perdurare di tradizioni secolari. L’istinto di sopravvivenza si trasforma così in xenofobia. Lo stesso tema viene però riportato anche su un piano differente, la paura primordiale dell’uomo nei confronti degli animali selvatici, a cui rimanda l’azzeccato titolo scelto dal distributore italiano. Così, mentre la comunità punta il dito contro i nuovi lavoratori cingalesi, Matthias è ossessionato dal bosco e dagli animali che vi abitano e insegna al piccolo Rudi le principali tecniche per la sopravvivenza.
Una forte tensione, un senso imminente di pericolo percorre l’intero film e la minaccia pare provenire dal bosco, oscuro e impenetrabile, che circonda, opprimente, il villaggio di Recia. Matthias percorre questo bosco con il figlio, gli insegna che bisogna stare lontani dagli animali selvatici se si è disarmati e gira sempre con un grosso fucile. L’uomo, la preda, si trasforma ben presto in predatore e attacca. Sia in Matthias che nella comunità di Recia prevale, in un crescendo ben orchestrato, l’istinto animale di sopravvivenza che ha la meglio sull’umanità e l’empatia verso l’altro, rivelando il lato più oscuro e ferino della natura umana. Spinti dal volutamente enigmatico finale, si è infine portati a chiedersi, da dove arriva la vera minaccia? Chi è, davvero, l’animale selvatico da cui bisogna guardarsi?
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