
Metropolitan – Il fascino ancora attuale della giovane borghesia di Manhattan
Un gruppo di giovani trascorre le vacanze di Natale tra party e after-party dell’alta borghesia di New York. Raccontata così a inizio recensione, la trama di Metropolitan, film del 1990 di Whit Stillman, sembrerebbe poco affascinante. Anzi, verrebbe spontaneo chiedersi in che modo le vicende di una compagnia di adolescenti ricchi di Manhattan possano emozionare tanto da dover essere immortalate su pellicola. O meglio, cosa possano raccontare di nuovo. Eppure Metropolitan è un film interessante, frutto di scelte stilistiche centratissime.
Presentato al Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 1990, al Sundance Film Festival e al Locarno Film Festival dello stesso anno, si può dire che l’esordio alla regia di Stillman è un prodotto invecchiato decisamente bene.

Il merito si deve, appunto, più alla sceneggiatura che al soggetto
Metropolitan è infatti un film per gli amanti dei ritmi veloci, a cui piacciono i dialoghi lunghi che costituiscono insieme lo scheletro e la carne dell’intero lungometraggio. Uno stile che, per intenderci, ricorda i botta e risposta di Woody Allen o le scene magistralmente scritte da Aaron Sorkin. Basti pensare che il film è ambientato quasi esclusivamente nei salotti eleganti dei protagonisti nell’Upper East Side di New York. Qui si ritrova una sera, quasi per errore, Tom Townsend, un giovane socialista dell’Upper West Side con idee e risorse ben diverse da quelle dei compagni alto borghesi. Tom, che all’inizio vive la situazione in cui si trova con disagio, si affeziona piano piano a quell’ambiente che per sua natura politica dovrebbe voler rifiutare e si susseguono così episodi che lo vogliono al centro di intrecci amorosi e di éscamotage per fingersi all’altezza di una classe sociale più alta.
È chiaro, quindi, che i dialoghi siano il centro del film, l’elemento principale non solo per lo sviluppo della trama, ma anche per la comprensione delle caratteristiche e delle debolezze dei personaggi. Nel “circolo culturale” che ricorda l’ambiente dandy del tardo ‘800, si affrontano discorsi di ogni tipo, dal pettegolezzo alle lotte generazionali. In ciascuna scena poco è lasciato al non detto, tutto è esplicito e raccontato.

È qui che il film si manifesta fresco, ancora giovane
Seppur scritto e girato più di trenta anni fa, Metropolitan racconta dinamiche attuali sia nel susseguirsi degli eventi che nella citazione di opere o personaggi che ancora oggi costituiscono una base culturale importante per la società occidentale: Jane Austen, Marx e Foyer per citarne alcuni. Quante probabilità ci sono che, a trent’anni dalla sua uscita, un film riesca ad essere compreso e vissuto dallo stesso tipo di spettatore a cui era originariamente destinato? Generalmente poche, soprattutto perché quasi sempre c’è bisogno di uno sforzo per immedesimarsi nel primo pubblico del film.
In questo caso, lo sforzo non è necessario. Forse perché l’ambiente da salotto in cui un gruppo di amici cerca di intrattenersi e manifesta incertezza per il futuro è un tòpos che tutti viviamo verosimilmente in prima persona. In più, ci è stato raccontato infinite volte nella letteratura e nell’audiovisivo, dal Decamerone a Il grande freddo.
La particolarità di Metropolitan sta appunto nel fatto che risulta facile e coinvolgente seguirne i dialoghi e attualizzarne le battute che rendono il film memorabile, nonostante i ritmi incalzanti e la semplicità del soggetto.
Metropolitan è disponibile sulla piattaforma streaming di Birdmen, creata in collaborazione con Eyelet, una piattaforma da poco arrivata in Italia e votata al cinema d’autore e festivaliero. Lo trovate qui:
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