
Steven Spielberg ha scritto una lettera d’amore per le sale cinematografiche – Il testo completo
Chiamato a intervenire sull’ultimo numero di Empire, dedicato all’amore per il cinema, Steven Spielberg ha risposto alla richiesta del curatore speciale Edgar Wright con una lettera dedicata alla sala cinematografica, alla cinefilia intesa come esperienza comunitaria, il movie-going tanto caro alla sua generazione e, si spera, anche a quelle future. Proprio in questa direzione vanno le parole di uno Spielberg quantomai ottimista, che ha definito la “communal experience of the arts” un collante fondamentale per la tenuta del tessuto sociale.

D’altronde la passione viscerale per il cinema è caratteristica fondamentale di Spielberg, da sempre nella cricca dei registi cinefili assieme a colleghi-amici come Scorsese, Coppola, Lucas e De Palma, accomunati da una bulimia visiva che spesso è affiorata nella loro produzione attraverso omaggi più o meno evidenti a film del passato o girati dagli altri “movie brats“. E senza l’esperienza di sala non avremmo mai avuto il cinema di Spielberg, convintosi a intraprendere definitivamente la strada per Hollywood dopo la visione di Lawrence d’Arabia, un film talmente perfetto da incutere autentico timore reverenziale nel giovane di Cincinnati. Potenza della sala, ovviamente, che ha formato generazioni di registi e registe. Un patrimonio che non possiamo perdere, per continuare a tramandare la natura condivisa delle Arti in senso lato, sbiadite e depotenziate quando non condivise. Buona lettura!

Le parole di Steven Spielberg pubblicate su Empire
“Nell’attuale crisi sanitaria, in cui le sale cinematografiche sono chiuse o le presenze sono drasticamente limitate a causa della pandemia globale, ho ancora una speranza – tendente alla certezza – che quando sarà sicuro, il pubblico tornerà al cinema. Mi sono sempre dedicato alla nostra comunità di cinefili – cinefilia nel senso di uscire di casa per andare in sala, e comunità nel senso di una sentimento di fratellanza con altri che sono usciti di casa e stanno seduti accanto a noi. Al cinema guardi un film con le persone a te più care, ma anche in compagnia di sconosciuti. Sta lì la magia di cui facciamo esperienza quando usciamo a vedere un film, uno spettacolo, un concerto o una commedia. Non conosciamo tutte le persone che ci stanno sedute attorno, ma quando l’esperienza ci fa ridere o piangere o applaudire o contemplare, e poi quando si accendono le luci e lasciamo i nostri posti, le persone con le quali torniamo nel mondo reale non sembrano più complete sconosciute. Siamo diventati una comunità, simile nel cuore e nello spirito, o in ogni caso simile nell’aver condiviso un’esperienza potentissima per un a paio d’ore.
Quel breve intervallo in un cinema non cancella le tante cose che ci dividono: etnia, condizione economica, credo religioso, genere, posizioni politiche. Ma il nostro Paese e il nostro mondo sembrano meno divisi, meno fratturati dopo che una congregazione di sconosciuti ha riso, pianto, saltato dalla poltrona insieme, nello stesso momento. L’arte ci chiede di essere consapevoli del particolare e dell’universale, entrambi contemporaneamente. Ed è per quello che di tutte le cose che hanno il potenziale di unirci, nessuna è più importante dell’esperienza condivisa delle Arti”.
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