
#PFF18 • The Ties That Bind
Per quest’edizione Birdmen è media-partner del Pentedattilo Film Festival, il festival internazionale di cortometraggi che si svolge a Pentedattilo (Reggio Calabria) dal 31 al 4 novembre. Qui le nostre recensioni in anteprima.
Una selezione di sei elementi della redazione comporrà la giuria per la sezione Thriller.
Un villaggio sperduto della Normandia, un cielo perennemente plumbeo e una natura incombente fanno da sfondo a questo breve ma intenso film, che ha per protagonista un giovane attore molto promettente. Alex (Angelo Coutard), 15 anni, è tornato dal collegio per trascorrere il fine settimana con la famiglia, in un piccolo paesino agricolo in cui sembra non esserci anima viva. Questa sensazione di solitudine opprimente è amplificata dal contrasto tra campi lunghi e lunghissimi, che in un silenzio rotto solo dal lontano abbaiare di cani si limitano a mostrare l’ambiente circostante, e strettissimi primi piani sul volto del ragazzo. Lentiggini, auricolari e sigaretta: Alex non sorride mai, parla poco e guarda spesso verso un orizzonte indefinito, riuscendo ugualmente a trasmettere tutta la sua sofferenza e il suo disagio. La madre del giovane, dopo essere arrivata a prenderlo in ritardo alla fermata dell’autobus, lo fa accomodare sui sedili posteriori dell’auto, lasciando al cane il posto accanto a sé. Ben presto lo spettatore si rende conto che tutto, nella famiglia, sembra in qualche modo riguardare i cani: a loro, e non al figlio, sono rivolte le preoccupazioni della madre di Alex, angosciata dalle spese veterinarie e dalla salute degli animali, così come quelle dell’anziana nonna, turbata dalla prospettiva di non riuscire più ad occuparsi del proprio cane, tanto da affermare di continuare a vivere soltanto per lui.
Solo successivamente si intuisce che qualcosa di tragico dev’essere avvenuto poco tempo prima, probabilmente la morte della sorella del protagonista, e che concentrarsi sui cani è solo un modo come un altro per evitare di affrontare il dolore della perdita. Così, quando Alex decide di fuggire dalla difficile conversazione con la nonna e annuncia di voler andare a vedere una gara di moto cross nel bosco, quest’ultima non riesce a far altro che affidargli Domino, il suo cane. Ferito e amareggiato dal comportamento della famiglia, il ragazzo cerca allora distrazione nelle acrobazie delle moto, lasciando l’animale libero di scorrazzare nella foresta. Finita la gara però, del cane non vi è più traccia. Ci troviamo esattamente a metà del film, il fragile equilibrio è ormai saltato e il buio cala rapidamente. Da qui in poi si susseguono una serie di scene notturne, in cui il protagonista corre attraverso i boschi cercando e chiamando il cane, preoccupato dalle possibili conseguenze della sua piccola distrazione. Le tetre foreste della Normandia diventano allora il luogo perfetto in cui ambientare la disperata corsa del giovane, senza dover necessariamente pagare un tributo alle classiche ambientazioni horror: Alex non ha paura né del buio né della vegetazione imponente, che al contrario è simbolo di un paesaggio percepito come familiare e sicuro.
Natura e dolore comunicano prepotentemente, e la ricerca del ragazzo si interrompe soltanto di fronte allo spettacolo del volo di migliaia di uccelli migratori, osservato anche da due daini sopraggiunti al limitare del bosco. Proteggere questi ultimi dalle mire di un cacciatore e spingerli a tornare al sicuro tra le fratte, diventa per Alex il pretesto per sfogare rabbia e sofferenze fino ad allora represse, in una corsa liberatoria magistralmente accompagnata dalla colonna sonora. The Ties That Bind, o nell’originale francese Ce qui nous tient finisce esattamente come suggerisce il titolo: con un quadretto di vita famigliare che vuole ricordare a chi guarda l’importanza di quei legami che consentono di andare avanti, anche nelle difficoltà. E nella famiglia di Alex, questi legami non possono che comprendere anche i cani. Proprio su di loro indugia infine la macchina da presa, mostrandoli tutti quanti placidamente sdraiati al calduccio, Domino compreso. Yann Chemin esordisce così con il suo primo cortometraggio, dopo anni da assistente di regia in film pluripremiati, raccontando una storia dai toni grigiastri che lui stesso rivela di sentire molto vicina.
With this edition Birdmen is media-partner of Pentedattilo Film Festival, the international short movie festival held in Pentedattilo (Reggio Calabria) from Oct. 31st to Nov. 4th. Here is the preview of our reviews.
Six of our editors will form the jury of the Thriller section.
A remote village in Normandy, grey skies and threatening landscapes are the setting of this intense, though short, movie, whose protagonist is a much promising young actor. Alex (Angelo Coutard) is a 15 yo who’s just come back from college to spend the weekend with his family in the small, rural and desolate village in which they live.
The feeling of loneliness deriving from the desolation of the place is amplified by the contrast between long shots which show the landscape, silent but for some dogs barking, and close-ups of the boy’s face. Freckles, earphones and cigarette: Alex never smiles, he barely speaks and is often staring at the distant horizon. Despite this, he’s still able to express his suffering and discomfort.
His mother, after having shown up late at the bus stop, does not let him sit beside her on the front seat, where the dog is instead. The viewer soon understands that everything in this family seems to revolt around dogs: Alex’s mother is concerned about their health and the vet expenses, whereas his grandma is troubled by the possibility of being one day unable to take care of her dog and claims that she is still alive with the sole purpose of doing that.
It is only after a little while that we understand how focusing on the dogs is just a means to avoid the pain deriving from a tragic loss, probably that of Alex’s sister.
When Alex decides to escape the difficult conversation he’s having with his grandma by saying that he’s heading to a motocross competition in the woods, all she can do is giving him her dog, Domino. The boy then gets distracted by the bike stunts, letting the dog roam free in the forest. Once the race is over, though, there’s no sign of the dog anywhere. We have reached the half of the movie: from now on, darkness approaches quickly and we see a series of nocturnal scenes in which the protagonist, worried about the potential consequence of his little distraction, runs through the woods calling out loud for the dog. Normandy’s gloomy forests are the perfect setting for the protagonist’s desperate run, but the legacy of traditional horror atmospheres is not necessarily there: Alex, in fact, is not afraid of the dark nor of the threatening trees, which on the contrary represent a familiar and safe landscape to him.
The boy’s search stops only in front of the sight of a flock of migratory birds, which he stares at together with two deer. A new, liberating run (masterly accompanied by the soundtrack) to save the deer from the hunters in the woods becomes for Alex the perfect way to let go of his so far repressed pain and anger. The Ties that Bind (Ce qui nous tient) ends exactly as suggested by its title: a scene of family life which wants to remind the viewer of the importance of those ties that, when hard times come, make us go on. Alex’s family’s bonds can’t help but include the dogs. The camera lingers, showing them lying down, peaceful and warm. Domino included.
Yann Chemin’s first short film (after several years of assistant directing for many award-winning movies) tells a story which he claims to feel particularly close to.
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