‘Hotel Paradiso’ di Familie Flöz – Come crolla una famiglia?
Familie Flöz è tornata. Odore di nostalgia e interni in legno di un vecchio albergo di montagna accolgono il pubblico di Hotel Paradiso, in scena dal 6 all’11 febbraio 2024 al Teatro Sala Umberto di Roma.
Un hotel paradigmatico, insolito eppure così rappresentativo delle vicissitudini e dei conflitti umani. Non vi è nulla di paradisiaco, se non l’eterno riposo a cui è stato relegato il compianto e venerato capofamiglia. Eppure, una scorciatoia per il paradiso ci sarà, ma chissà dove – irgendwo, come intona in sottofondo la musica da Kabarett che riempie il silenzio dei personaggi, maschere mute la cui identità si realizza in interazioni sociali fatte di gesti, quando non di schiaffi, botte o bastonate.
All’Hotel Paradiso si trova infatti di tutto: scontri tra fratelli, guarigioni miracolose, personale di servizio cleptomane, chef amanti della carne cruda (non solo animale), detective incapaci e vecchiette autoritarie. È proprio un’anziana matriarca a gestire il resort alpino, dove gli sgangherati clienti sono accolti dal figlio, intento più a rincorrere l’amata che non a scendere a patti con la sorella esibizionista. L‘evolvere dell’impresa familiare riflette la «decadenza di una famiglia», che, come già in Thomas Mann, non può che rovesciarsi in implosione morale, di generazione in generazione: dalla luminosa fondazione del capostipite alla gestione conflittuale dei figli, l’albergo a quattro stelle si trasforma velocemente in teatro di simpatiche efferatezze, diventando addirittura un nascondiglio per malfattori. Sulla scena, i personaggi dalle connotazioni sempre più bizzarre si moltiplicano e divertono il pubblico, con cui interagiscono più volte durante la recita.
Stupisce allora che gli attori siano solamente quattro: Marina Rodriguez Llorente, Frederik Rohn, Nicolas Witte, Sebastian Kautz. Diretti da Michael Vogel, tutti denotano un’abilità interpretativa eccezionale, che risolve magistralmente il «paradosso fondamentale della maschera, cioè il fatto di celare un viso animato dietro una forma statica e con essa di creare figure viventi» – come recita l’«approccio al teatro» della compagnia allegato al programma di sala. Le loro espressioni facciali, benché nascoste, sono infatti immaginate dallo spettatore con infinita chiarezza, grazie al vivace espressionismo corporeo che trasforma lo spettatore in «creatore».
È la magia ironica di Familie Flöz a incantare nella sua semplicità, a far emergere l’ineffabile gioco del corpo che si esibisce e comunica al cuore di chi assiste al suo genio plurale. Le gag ricordano il miglior repertorio di cinema muto: si balla, si ride e ci si commuove, senza sosta. In assenza di oralità, è l’interazione con la scenografia a mantenere il ritmo serrato.
Risultato di un lavoro collettivo che ha debuttato nel 2008, continuamente messa a punto negli anni, la pièce disegna una fiaba malinconica e umoristica in cui ogni elemento concorre ad esaltare la potenza del linguaggio universale della clownerie. Sul palco, ad agire senza parole, nella massima semplicità, è l’animo umano. Si lascia la sala avvolti dalla gioia di un pubblico entusiasta, consapevoli di masticare pillole di poesia in grado di generare mondi altri. Eppure, il mondo di Familie Flöz è proprio il nostro: un inferno splatter con una scorciatoia per il paradiso, nascosta irgendwo.
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