
Microstoria del porno – Tra generi cinematografici e identità di genere
La prima grande diffusione del porno come genere cinematografico risale all’immaginario post-sessantottino, tanto che negli USA l’epoca 1969-1984 è nota come Golden Age of Porn. La porn-revolution, trainata da film come Blue Movie di Andy Warhol (1969) e l’eloquente Gola profonda di Gerard Damiano (1972), va inquadrata nell’ottica più ampia di quella serie di rivendicazioni culturali, sociali, politiche che seguirono il terremoto sessantottino.
Per approfondire le teorie sul porno espanso ed esplorare la variegata galassia di pornografie alternative contemporanee, abbiamo organizzato una masterclass online con la docente universitaria Giovanna Maina, specializzata in porn studies. Il 3 marzo alle 18.00. Qui per saperne di più.

Se come pensa Freud la repressione della sessualità è una funzione primaria e fondamentale dello stato civile, allora il porno rappresenta al contempo l’istanza rivoluzionaria più primitiva e più radicale di cui la civiltà dispone per riappropriarsi di una libertà sessuale che va continuamente rinegoziata, a fronte del discorso culturale dominante. Anche attraverso modalità provocatorie, giocose, come nel delizioso anime Kanashimi no Belladonna (Eiichi Yamamoto, 1973), in cui l’emancipazione sessuale di una giovane donna si lega alla rivoluzione francese.
I decenni successivi al ’68 raccontano l’ascesa di un immaginario libertino e compulsivo, dove la funzione repressiva appare sempre più marginalizzata, se non addirittura asservita alle logiche del mercato. Nel quadro culturale della contemporaneità, sempre meno codino e pretaiolo, la pornografia diventa rivoluzionaria soprattutto verso sé stessa. O meglio, verso la concezione mainstream del discorso pornografico, articolato storicamente come la fantasia del maschio eterosessuale. Nasce così il porno espanso – uno dei focus della nostra masterclass online con Giovanna Maina –, ovvero il discorso audiovisivo in cui le soggettività femminili, LGBT, queer, freak, disabili e varie sottoculture trovano piena cittadinanza cinematografica.

L’idea di “pornografia alternativa” si definisce quindi innanzitutto in opposizione al porno mainstream, denunciando l’esistenza di consumatori informati, esigenti e dai gusti diversificati, capaci di dare vita a nuovi immaginari sessuali. Ne dà un esempio proprio Maina, parlando di “grotesque empowerment” (emancipazione del grottesco) in relazione a Belladonna’s Strapped Dykes (Belladonna, 2009), primo tentativo di una casa di produzione mainstream di fondere due generi abitualmente opposti, appunto il mainstream e il queer (Maina 2014, 83-106).
Nel nuovo millennio, il genere porno abbandona insomma il ruolo emarginato e periferico in cui era storicamente confinato, ponendosi al centro del dialogo tra generi cinematografici e identità di genere, come testimonia il rinnovato interesse di cineasti di spicco per il genere e l’immaginario pornografico. Ne citiamo un paio: Paul Thomas Anderson in Boogie Nights (1997) e Sean Baker in Red Rocket (finora il titolo migliore di questo giovane 2022, a giudizio di chi scrive).
Una tendenza che non può sorprendere. Dopotutto “non è più possibile scegliere la non-rappresentazione della sessualità, perché senza rappresentazione non c’è sessualità. Possiamo soltanto scegliere una forma di proliferazione critica di immagini sessuali” (Preciado 2011, 160).

Bibliografia
Maina, Giovanna, “Grotesque Empowerment. Belladonna’s Strapped Dykes Between Mainstream and Queer” in Enrico Biasin, Giovanna Maina, Federico Zecca, Mapping Pornographies: Histories, Geographies, Cultures, Mimesis 2014
Preciado, Beatriz, “Transfemminismo nel regime farmaco-pornografico” in Liana Borghi, Francesca Manieri, Adriana Pirri, Le Cinque Giornate Lesbiche in teoria, Ediesse
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