
Noodle Kid – Il lungo viaggio verso la felicità | Biografilm 2020
La nostra recensione di ‘Noodle Kid’, di Ning Huo, uno dei 41 film selezionati alla 16ª edizione di Biografilm Festival, di cui Birdmen Magazine è media partner. Clicca qui per scoprire come vedere tutti i film del Festival in streaming gratuito su MyMovies (fino al 15 giugno). Un’occasione unica, da non perdere!
La Cina che non ti aspetti, o molto di essa, è racchiusa in Noodle Kid, secondo documentario di Ning Huo dopo Sailors in the Wheatfield (2014). Come preannunciato dal titolo, il regista segue le vicende di Ma Xiang, ragazzino di 15 anni che, per ripagare i debiti del padre incarcerato, sceglie, come molti altri coetanei, la strada del noodle making: lasciare il proprio paese d’origine nello Qinghai, regione arida e montuosa della Cina nordoccidentale, per andare a cercare fortuna nelle metropoli tentacolari dello Stato tirando a mano spaghetti cinesi.
Xiang appartiene all’etnia Hui, di tratti somatici est-asiatici ma tradizionalmente di religione islamica. A uno sguardo occidentale, ogni cosa, nella sua quotidianità, appare un insolito ibrido: Corano accostato a cucina del Dragone, ma halal (ovvero, senza gli alimenti proibiti dall’Islam); preghiere e rituali per scandire la giornata, ma occhi a mandorla; caratteri dell’alfabeto cinese ma vestiti tradizionali che ricordano l’Asia centrale e le regioni mediorientali.
Per Xiang e la sua famiglia non c’è soluzione di continuità nella varietà di questi elementi. La cesura maggiore nella vita del ragazzo è, invece, la lontananza dei genitori: il padre, indebitato e violento, è detenuto in carcere, mentre la madre, trasferitasi in un’altra città, è guardata con sospetto dal resto dei parenti per aver abbandonato un marito pericoloso e due figli piccoli.
La strada di Xiang pare già srotolata di fronte a lui: mettere da parte soldi per la famiglia, guadagnare qualcosa per sé, sposarsi il prima possibile, iniziare la propria vita come capofamiglia. Per Noodle Kid, però, la salita all’età adulta si rivela più impervia del previsto. Tra lo studio della propria religione – simbolo di casa, origini, sicurezza – e l’offerta di un futuro lontano dal nido – ma corredato di relativa stabilità economica – stanno infatti i fantasmi dei genitori, assenti-onnipresenti con cui Xiang, appena adolescente, desidererebbe ricongiungersi.
Noodle Kid è l’incipit di un romanzo di formazione che ancora continua ad aggiungere pagine al proprio volume. Documentario non convenzionale, Ning assembla il suo film seguendo i canoni dei più asciutti lungometraggi di finzione: fotografia che, a seconda che ci si trovi nelle lande dello Qinghai o in città, restituisce senza fronzoli le campiture di colore del deserto o gli schizzi di colore delle luci elettriche; botta e risposta tra protagonisti che ricalcano i tempi drammatici della perfetta sceneggiatura; una certa tendenza al cinema-verità che, se non fosse per i numerosi stacchi di montaggio e sbalzi spazio-temporali, si potrebbe definire neorealista.
L’empatia con Xiang è alta, la voglia di seguirlo ancora nel suo viaggio non manca. Si vorrebbe forse che Ning avesse indugiato di più sul viaggio di questo little man on a mission per correre incontro al futuro sé stesso. Si avrebbe forse la curiosità di approfondire maggiormente la conoscenza con gli ambienti che il suo viaggio statico l’ha portato a incontrare. Noodle Kid, in fondo, non è un road movie, ma una storia di spostamenti.
Ning lascia sospesa la propria narrazione, e, così facendo, invoglia ancora di più ad immergersi nello strano mondo di Xiang. Noodle Kid ha frustrato le nostre aspettative e aperto nuove zone di possibilità, lasciandoci contenti di aver visto un documentario un po’ fuori dagli schemi: fa inaspettatamente sorridere ritrovarsi nei panni di un ragazzino sorridente e sporco di farina costretto a trasformare il bel gioco dell’arrotolare biscioni di pasta in uno sport agonistico a tempo pieno.
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