
Sulla drammaterapia: intervista a Caterina Gozzoli
La drammaterapia è uno di quegli scavalcamenti di campo interdisciplinari di particolare interesse all’interno del più ampio ambito delle “artiterapie”. Si tratta di un momento di peculiare connessione tra teatro e psicologia su un terreno che riguarda ampiamente il versante pratico di entrambe le discipline, senza escludere importanti agganci teorici. Cercheremo di capire di che cosa si occupi questa disciplina grazie al punto di vista di una persona competente ed esperta che opera in questo campo da diversi anni. Ho avuto il piacere di intervistare Caterina Gozzoli, psicologa e drammaterapeuta impegnata principalmente – ma non solo – sul territorio cremonese e piacentino attraverso lo Studio Creattiva e in diverse province lombarde ed emiliane insieme alla Compagnia Teatrale Traattori.
Lei ha iniziato la sua carriera da libera professionista nel 2011 offrendo colloqui di sostegno psicologico e laboratori di drammaterapia con l’inaugurazione dello Studio Creattiva in provincia di Cremona. Per prima cosa vorrei chiederle da dove arriva l’interesse per le due discipline – psicologia e teatro – che lei fonde nel suo lavoro e quando ha maturato l’idea di adottare la drammaterapia come pratica da affiancare ai colloqui individuali o di gruppo con i pazienti?
Innanzitutto, l’interesse per la psicologia e il teatro nasce da due grandi passioni che ho portato avanti negli anni e che ho potuto consolidare notevolmente durante il periodo degli studi universitari. All’università mi sono resa conto dell’utilità del teatro nella terapia con i pazienti – specialmente per quel che riguarda il lavoro di gruppo – e ho approfondito la questione nella mia tesi di laurea sul Teatro Carcere. Lì ho capito che le due grandi passioni che avevo potevano sostenersi a vicenda con esiti molto interessanti. Il teatro, infatti, possiede una chiara componente terapeutica a fianco di quella estetica e può aiutare il paziente a conoscere meglio se stesso e a riflettere su come superare le situazioni di crisi attraverso la creatività, ma soprattutto lo aiuta a “fare” e a essere attivo nel superamento della difficoltà.
Il nome dato al suo studio, “Creattiva”, ha a che fare con questo aspetto della drammaterapia?
Esattamente. Creatività e azione sono gli attributi fondamentali con cui il teatro riesce ad arricchire la terapia psicologica del paziente. Questo aspetto riguarda anche le altre “artiterapie”, come la danzamovimentoterapia, la musicoterapia e l’arteterapia, con le quali ci sono molte somiglianze e scambi. La creatività si esprime attraverso l’attività del corpo e, una volta che questa ha avuto inizio, parte anche l’attività mentale e riflessiva.
Questo tipo di terapia che attraversa le arti ha delle affinità con il gioco (come del resto il teatro stesso)? In tal caso, come si configura questo “gioco”?
Le affinità maggiori si trovano ancora una volta a livello creativo. Con la drammaterapia il paziente ha la possibilità di agire in modo non quotidiano e trovare molteplici soluzioni creative ad un problema. In fondo, è ciò che dovrà riuscire a fare quando si presenteranno nuove criticità nella vita. Il gioco è presente come attivatore di relazioni e azioni “fuori dal quotidiano”, poiché sostanzialmente il gruppo crea rappresentazioni senza imposizioni esterne. Lo psicologo ha il compito di guidare il paziente ad essere autonomo nell’espressione creativa e nella soluzione dei problemi. Penso di aver lavorato bene nel momento in cui è la persona stessa a intravedere autonomamente le soluzioni possibili per superare un momento critico. Ovviamente si deve modulare e differenziare il metodo in base alla tipologia della persona e del supporto che necessita dal conduttore della terapia.
Qual è la difficoltà principale nel lavoro con le persone? Come può essere superata?
Il principale scoglio da superare è quello dei blocchi. È necessaria pazienza e non va forzato il naturale processo per evitare di creare maggior disagio e chiusura. Spesso, infatti, chi arriva ai laboratori non si sente libero di parlare ed esprimersi. Con la drammaterapia lo psicologo offre un contesto protetto dove la persona può accrescere la fiducia in sé e negli altri e può esporre più facilmente il proprio pensiero, sciogliendo i blocchi. Molto importante è anche la forza trainante che può avere il gruppo in questa fase. In seguito, però, è necessaria una buona conoscenza della patologia. In questo modo lo psicologo può comprendere e accettare le varie forme di espressione e restituzione creativa che gli vengono date dai pazienti.
Come si approcciano le istituzioni alla drammaterapia? Sono presenti finanziamenti?
La drammaterapia è un attività recente e pochi conoscono le sua potenzialità, c’è molta difficoltà a comprendere ciò che facciamo e come lo svolgiamo. Questo spesso può creare diffidenza e sospetto da parte delle istituzioni, perché non riescono a capire esattamente di cosa ci occupiamo. I finanziamenti a queste attività arrivano da privati e negli ultimi anni alcuni enti hanno investito in questa disciplina.
Vorrei concludere evidenziando il suo impegno, anche al di fuori del confine strettamente terapeutico, attraverso una serie di laboratori aperti a tutti e la collaborazione con la Compagnia Teatrale Traattori. Con loro, in particolare, sta girando tutta l’Italia con lo spettacolo “Improvvisa-mente” che affronta con ironia i pregiudizi sullo psicologo. Mi sembra esemplare di quanto il teatro possa interagire con la psicologia a più livelli, dalla teoria (i recenti studi sullo spettatore), alla terapia, fino alla divulgazione della psicologia stessa.
Le esperienze di gruppo che si affidano al teatro sono molte e spesso utilizzano le medesime tecniche – anche se hanno nomi diversi come “teatro sociale”, “teatroterapia”, “psicodramma” e “drammaterapia” – e ciò avviene perché il teatro possiede un linguaggio immediato del corpo e dell’azione. Da questa sua peculiarità è nata anche l’idea di parlare del mestiere dello psicologo attraverso il potere comunicativo del teatro. Abbiamo pensato di divulgare con ironia e immediatezza un argomento che poteva risultare pesante e serioso per la maggior parte delle persone, attraversando gli stereotipi nati sulla professione dello psicologo. Gli attori recitano improvvisando e le loro scene sono essenziali per dare un esempio di ciò che accade nella vita quotidiana quando si parla di psicologia. Lo spettacolo è sempre diverso perché le improvvisazioni nascono dagli stimoli del pubblico, è divertente per chi lo osserva e può portare a porsi delle domande rispetto al lavoro dello psicologo. L’obiettivo è che gli spettatori possano farsi un’idea dello psicologo più vicina alla realtà, perché la psicologia non è freddezza e distanza, ma ascolto qualificato del paziente, empatia e sostegno in un momento critico della vita.
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