
Mare di Andrea Štaka – Volere volare
«Tu appartieni a papà». Così il figlio adolescente di Mare mette una croce sulla possibilità che lei vada via. Era solo una chiacchierata sul divano, ma si rivela per la donna la più grande rivelazione. Eppure Gabriel non saprà mai quanto la madre sia andata vicina a cambiare vita. mare Andrea Štaka
Mare della croata Andrea Štaka cerca infatti di fotografare quel delicato momento in cui l’individuo si domanda se può desiderare di più. Quell’istante in cui alza gli occhi al cielo, sente mancare la terra sotto i piedi e capisce di voler volare. Ma soprattutto acquista consapevolezza, sentendosi libero di sognare.

La protagonista, interpretata dall’intensa Marija Skaricic, porta sulle spalle un intero mondo. Abita con la famiglia in una casa nei pressi dell’aeroporto in cui lavorava, in quella nella periferia di Dubrovnik che i turisti li vede solo passare. Sente passare aerei ogni ora ma, a parte una parentesi in Svizzera, non ha mai fatto un viaggio. È bloccata in un’esistenza che sicuramente ha scelto e che però, mutandosi in routine, è diventata una prigione dei sentimenti. Inoltre, un giorno qualsiasi il fato le fa incontrare il polacco Piotr, operaio stagionale brillante e di bella presenza, che da subito le fa girare la testa.
Da questo momento niente può essere più come prima. I due si ritrovano di nascosto, fanno l’amore, si tengono stretti. La frustrazione di Mare trova finalmente sfogo e anche l’affetto per i figli e il coniuge diventa una sfida. I momenti più introspettivi del film sono quelli in cui la donna lascia ciò che sta facendo perché riesce a pensare solo a Piotr. Ma lui è un simbolo, perché in fondo lei non lo conosce. Rappresenta un impegno che per troppo tempo ha lasciato sospeso: la ricerca di sé. Chi è? Che cosa vuole veramente? Ogni azione diventa straordinariamente pesante. Ogni pensiero può tramutarsi in tortura.

Suo marito, Djuro, è un uomo semplice e se percepisce il cambiamento non sembra essere in grado di sostenerlo. D’altra parte, la regia è brava nel mostrarci i suoi limiti senza giudicarlo perché capisce che sono queste peculiarità a renderlo umano. Così lo spettatore si trova nella posizione di potersi immedesimare nella donna, ma senza perdere di vista la complessità del reale.
Ed è proprio Gabriel, il figlio più grande, a catalizzare l’attenzione ogni volta che entra in scena. Gli affanni, la noia, i problemi a scuola, sono cose che abbiamo vissuto tutti e nelle quali è facile rispecchiarsi. Infatti l’apice narrativo è suo, perché rischiando la vita con una bravata sulle piste di volo riporterà la donna alle sue responsabilità.

Mare – presentato al 70° Festival di Berlino e, in anteprima italiana, al 2° Balkan Film Festival di Roma – è un dramma della solitudine che apre spiragli di speranza. Non si compiace del dolore, non compone quadri per il gusto della satira. Si avvale invece di un modello neorealistico e pedina la sua protagonista con occhio vigile sui tormenti dell’anima.
La regista aveva già lavorato con l’attrice per Das Fräulein, vincitore del Pardo d’Oro a Locarno 2006, e dimostra qui una indiscutibile sicurezza. Le riflessioni sull’identità, il destino sociale e il patriarcato sono aggiornate ma vogliono appartenere a ogni tempo. Come il mare della Croazia che, non importa quanti voli passeranno, sarà sempre uguale e sempre diverso.
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