
3 film per festeggiare il Capodanno cinese 🧧
Capodanno cinese 2020, inizia l’Anno del topo
Il 25 gennaio 2020, con il Capodanno cinese, si apre un periodo di festa che si prolungherà per quindici giorni, culminando nella suggestiva Festa delle lanterne. Il nuovo anno sarà all’insegna del topo, primo segno dello zodiaco cinese, caratterizzato per una fibra forte, grande carisma e fascino, un po’ come i 3 film cinesi che vi consigliamo in questo articolo per festeggiare il Capodanno attraverso il cinema orientale.
Partendo dal film più recente, Long Day’s Journey into Night è una proposta autoriale dal grande gusto estetico e sensuale, forse meno immediata di quanto la semplice trama possa suggerire, ma ideale per chi già avesse dimestichezza con questo tipo di cinema; si prosegue poi con l’ormai classico In the Mood for Love, semplicemente uno dei più bei film del nuovo millennio, occasione giusta per aprirsi in grande stile al cinema di Wong Kar-wai, che toccando l’esperienza emotiva di una coppia, riesce qui a riflettere sull’occidentalizzazione di Hong Kong; per finire, un altro classico, Lanterne rosse, apripista del cinema cinese contemporaneo oltre i confini nazionali, una riflessione formale e metaforica sulla condizione sociopolitica della Repubblica Popolare Cinese. Carlo Maria Rabai
Contributi di Andrea Giangaspero, Sandra Innamorato e Lorenzo Botta Parandera.
地球最後的夜晚 – Long Day’s Journey into Night
Regia e sceneggiatura: Bi Gan | Paesi di produzione: Cina, Francia | Anno: 2018
Long Day’s Journey into Night potrebbe dirsi un film importante già per la bellezza auratica delle sue immagini, conferma di un rigore compositivo, di un modo di intendere il cinema già fattosi stile riconoscibilissimo, dove i lunghi movimenti di macchina catturano e sublimano visioni estatiche, una dopo l’altra, senza soluzione di continuità. Ma ovviamente non c’è solo questo. Il plot, così riassumibile, è certamente basilare: di ritorno a Kaili per seppellire il padre su richiesta della madre, Luo Hngwu parte alla ricerca di una donna del suo passato, da lui profondamente amata, eppure sempre più sfumata nei suoi ricordi. Ma muovendo da qui, il regista Bi Gan si spinge verso orizzonti inesplorati, finendo con l’esibire una struttura bipartita affatto convenzionale. Per la prima metà del film, si assiste alla ricerca della donna, che è perlopiù spaziale, fisica, seppure a tratti pieghi in una dimensione incerta, o quantomeno memoriale.
Nella seconda metà, invece, si produce uno stravolgimento: lo spettatore ha accesso a un piano-sequenza in 3D della durata di un’ora che si chiude con la conclusione del film. Quella ricerca già ellittica e prevedibilmente inconcludente qui evolve nel suo totale sconfinamento, sfaldandosi pian piano in traiettorie magari oniriche, fantasmatiche, di certo bellissime. E tuttavia c’è qualcosa che scricchiola in Long Day’s Journey into Night. Altre storie si sovrappongono al livello della narrazione elementare, con una vacuità e uno stile ermetico (come quello del voice over) che danno l’idea di una inconsistenza di fondo, di un certo manierismo voluttuoso, più che di una pura forza poetica. Non c’è però da stupirsi, giacché Bi Gan è giovanissimo e lavora qui a tenere assieme l’imponenza smisurata delle cose che ha in mente, rivelando in ogni caso già notevole dimestichezza nell’elaborazione di una struttura che non si sfalda, che non frana rovinosamente.
Da godere assolutamente, Long Day’s Journey into Night è conferma di un cinema cinese consapevole, fresco, autoriale, tremendamente sensuale. Andrea Giangaspero
花樣年華 – In the Mood for Love
Regia e sceneggiatura: Wong Kar-wai | Paesi di produzione: Hong Kong, Cina| Anno: 2000
Inserito dal British Film Institute tra i migliori trenta film del primo decennio del XXI secolo, e secondo solo a Mullholland Drive di Lynch nella classifica della BBC, In the Mood for Love è un gioiello cinematografico che narra di un amore senza tempo, un lavoro sull’immagine dai tratti quasi metafisici – e al contempo così tangibili – che trasforma le ore, gli oggetti, gli incontri della signora Chan e del signor Chow in 98 sublimi minuti di eternità immanente. A metà degli anni Sessanta, in una Hong Kong sovraffollata, Wong Kar-wai fa di un trasloco in due appartamenti contigui uno spazio intimo per una relazione amorosa dai contorni sfumati. Tutta la regia è volta a “sfumare” la narrazione per tingerla di un “non detto” pervasivo, di continui rimandi a un mistero negato all’occhio dello spettatore da preziose cornici saturate, da quadri nei quadri di cui il regista compone il suo spazio diegetico. Un montaggio che lavora per “sottrazione”, che restringe gli spazi e dilata i tempi, come nei bellissimi ralenti della signora Chan che va a prendere l’acqua al piano di sotto, riducendo a pochi ma intensissimi momenti poetici quello che è a tutti gli effetti la restituzione per immagini di uno stato emotivo. E se In the Mood for Love è il racconto di un sentimento, il destino delle anime di cui Wong Kar-wai si serve appartiene ad una temporalità a-temporale, al tempo dell’interiorità che fa dei coniugi Chan e Chow un’impercettibile piega negli eventi umani, che ne segue un’altra e ne precede altre ancora. Una storia tra tante, eppure universale nella sua componente emotiva, consegnata dal signor Chow alla fessura di un tronco di un albero nelle sacre rovine cambogiane di Angkor Wat. Sandra Innamorato
大紅燈籠高高掛 – Lanterne rosse
Regia: Zhāng Yìmóu | Sceneggiatura: Ni Zhen | Paesi di produzione: Cina, Hong Kong, Taiwan | Anno: 1991
Prima del successo commerciale in Occidente, con Hero (2002) e La foresta dei pugnali volanti (2004), e prima di incarichi prestigiosi come la regia della Cerimonia d’Apertura della XXIX Olimpiade (2008), Zhang Yimou si è guadagnato un posto nella storia del cinema grazie a Lanterne Rosse (1991), film che ha definitivamente aperto la Cina alla scena cinematografica mondiale.
Siamo nel 1920: Songlian (Gong Li) accetta di diventare la quarta moglie di un maturo nobile e di convivere nel suo palazzo con le altre consorti. Ogni sera le lanterne rosse vengono appese di fronte alla camera della donna con cui giacerà il nobile, garantendo maggiori attenzioni alla prescelta. Ben presto Songlian viene travolta dalla perfidia con cui le quattro donne cercano di ottenere le esclusive attenzioni del marito, e le lanterne rosse diventano una folle ossessione.
Lanterne Rosse è, prima di tutto, un saggio di precisione formale, un film visivamente perfetto: la scena è sempre equilibrata, le forme bilanciate, il quadro è generoso, studiato alla perfezione per incantare e, al contempo, comunicare i suoi simboli con eloquenza. La “quarta moglie” è sempre incorniciata dall’architettura del palazzo, stretta nelle geometrie del quadro. A soffocarla nei frame è anche la fotografia, che pare quasi nascondersi dietro un abbacinante mantello rosso.
Zhang mette così in scena un conflitto amaro e senza via d’uscita, dove le sottomesse lottano barbaramente per un potere fittizio, vano. Un film scomodo, metafora della condizione politica della Cina contemporanea. Ma anche un capolavoro di ineffabile grandezza, che ha finalmente catturato gli occhi del mondo su una delle industrie cinematografiche più ricche degli ultimi trent’anni. Lorenzo Botta Parandera
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